La Corte di Giustizia interviene sulla disciplina attuativa degli Stati membri in tema di variazioni IVA in presenza di concordato preventivo: le rettifiche dell’imposta in rivalsa, ma anche in detrazione, assumono i caratteri della doverosità per garantire la neutralità del tributo. I principi di proporzionalità del diritto dell’UE e di efficace riscossione dell’IVA suggeriranno una soluzione di equilibrio tra l’interesse fiscale e la tutela del soggetto indebitato.
The Court of Justice rules about the national legislations on VAT variations in case of a debt agreement: the adjustments of deductions and of taxable amount are necessary to guarantee the neutrality of the tax. The EU principles of proportionality and effective VAT collection will suggest a balanced solution between the fiscal interest and the protection of the indebted subject.
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1. Considerazioni introduttive: le note di variazione IVA tra esigen-ze, incertezze applicative ed effetti sull’impresa in crisi - 2. La giurisprudenza della Corte di Giustizia e l’obiettivo primario della neutralità dell’IVA a seguito di un concordato preventivo: l’obbligo di rivalsa IVA e la facoltà della variazione per il soggetto cedente/prestatore - 2.1. L’attuazione del diritto dell’Unione Europea secondo criteri di proporzionalità: la durata della procedura concorsuale non deve ostacolare il principio della neutralità dell’IVA - 3. Segue: la “speculare” questione del diritto di detrazione IVA e dell’obbligo di variazione per il soggetto acquirente/committente - 3.1. L’indebitamento e l’effetto esdebitatorio tra “mutamento degli elementi” assunti per determinare la detrazione e “operazioni non pagate” - 4. La corrispettività quale “fulcro” per dare luogo alle rettifiche della base imponibile e dell’imposta in rivalsa e in detrazione: un criterio adottabile per le procedure concorsuali e anche per la composizione delle crisi da sovraindebitamento? - 5. Conclusioni: la “chiave di volta” tra la sentenza Degano e quella T-2, ovverosia assicurare la neutralità dell’IVA in un connubio tra riscossione efficace e tutela dell’imprenditore indebitato - NOTE
Le soluzioni all’indebitamento offerte dall’Ordinamento possono indurre ad operare delle variazioni dell’imposta sul valore aggiunto laddove il debito abbia avuto origine dal mancato versamento del corrispettivo pattuito all’interno di uno scambio: in particolare, il punto di vista proposto si contraddistinguerà per una visione “speculare” rivolta sia al momento della cessione che a quello dell’acquisizione di beni o servizi. Si osserveranno gli effetti sulla detrazione e sulla rivalsa, ovvero sulle rettifiche della base imponibile e dell’imposta, che l’accesso alle soluzioni della crisi d’impresa comporta in ragione delle variazioni che si verificano rispetto alla iniziale “esigibilità” dell’imposta [1]. È noto, infatti, la disciplina dell’IVA prevede che la determinazione dell’imposta avvenga sulla base del corrispettivo pattuito che può discostarsi da quello effettivamente versato o percepito, come può accadere in presenza di un concordato preventivo o di altri strumenti di risoluzione dell’indebitamento [2]. Così come la neutralità dell’IVA viene garantita dalla detrazione e dalla rivalsa, così le variazioni dell’imposta attuate in presenza di istituti quali il concordato preventivo possono condurre al ripristino di tale equilibrio per scongiurare che le fattispecie debitorie aggravino ulteriormente le risorse finanziarie dell’imprenditore penalizzato da situazioni di crisi personale o dei propri committenti/cessionari [3]: emerge pertanto la funzione delle rettifiche del tributo, regolamentate a livello europeo proprio per rispettare la natura di imposta sul consumo, neutrale per il soggetto passivo di diritto [4]. Si ritiene doveroso, pertanto, in coerenza con il principio della neutralità del tributo affrontare in maniera congiunta lo studio delle variazioni IVA, sia in rivalsa che in detrazione, quali raffigurazione di “due facce di una stessa medaglia” costituita quest’ultima dall’operazione economica coincidente con lo scambio di beni o servizi tra soggetti passivi [5]: in tal modo, si cercherà di fornire una interpretazione della disciplina delle rettifiche IVA, che tenti di risolvere questioni di doverosità o facoltatività delle stesse, nonché [continua ..]
La recente giurisprudenza della Corte di Giustizia UE [7] in tema di IVA e concordato preventivo consente di valutare la norma interna, art. 26, D.P.R. n. 633/1972, sulla quale il legislatore è da ultimo intervenuto con “incertezza” [8] (innovando salvo poi abrogare) rispetto alla portata della disciplina unionale contenuta nell’art. 90 della Direttiva IVA 2006/112/CE [9]. Le osservazioni che seguono mirano a confermare il riconoscimento del principio della doverosa variazione dell’IVA addebitata in rivalsa e, nello specifico, alla sua “ragionevole” attuazione temporale [10], sottolineando che tali aspetti sono strettamente correlati alle caratteristiche dell’imposta sul valore aggiunto, prima tra tutte la neutralità. Il concordato preventivo, nato per offrire una soluzione all’indebitamento dell’impresa, può generare degli effetti anche in ordine all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto: infatti, oltre a rappresentare una modalità di gestione del debito formatosi a seguito del mancato versamento del corrispettivo pattuito ai propri fornitori in relazione ai beni e servizi acquisiti, diviene occasione per “ripristinare” la neutrale attuazione dell’imposta secondo i principi che regolano il tributo, ovverosia per rispettare la propria natura di imposta plurifase, non cumulativa [11]. Si intende dire che la nascita dell’indebitamento causa degli effetti anche sull’IVA in rivalsa, addebitata e versata dal cedente/prestatore, ma non corrisposta (assieme al prezzo del bene o servizio) dal cessionario/committente, alterando l’equilibrio finanziario tipico dell’imposta. Si ricorda infatti che, in linea generale, nella legislazione nazionale la rivalsa IVA diviene obbligatoria [12] proprio in ragione della funzione che essa deve assolvere nell’attuazione del tributo, mediante l’emissione della fattura [13]: da un lato, consentendo la traslazione “palese” [14] dell’onere tributario, dall’altro, conferendo al cessionario/committente il diritto di detrarre l’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni poste in essere. In tal modo la disciplina del tributo vuole perseverare l’obiettivo della neutralità, coinvolgendo i due [continua ..]
La rettifica dell’IVA addebitata in rivalsa, non corrisposta dal cessionario/committente, solleva un ulteriore problema, rispetto a quanto già osservato, con riferimento al momento nel quale nasce la facoltà/obbligo di operare la variazione: il dies a quo sottende una questione affatto irrilevante in ragione delle conseguenze di ordine finanziario che genera sul cedente/prestatore gravato, in buona sostanza, dal dover anticipare per un tempo dalla durata indefinita (poiché non stabilita espressamente dalla norma) il quantum dell’imposta [32]. La questione si pone nei termini di dover applicare secondo “proporzionalità” la “neutralità” del tributo, coordinando quindi quest’ultimo principio attinente alla disciplina dell’IVA con il primo dalla portata più ampia in quanto capace ci coinvolgere l’intero Ordinamento europeo. I suddetti principi devono essere di aiuto per comprendere se, e per quanto tempo, un imprenditore possa essere chiamato a sostenere l’onere finanziario pari all’anticipazione (verso l’Erario) dell’imposta (non corrisposta dalcessionario/committente) rischiando di confondere il soggetto passivo IVA “neutrale” con quello “inciso” dal punto di vista economico [33]. La recente sentenza emessa dalla Corte di Giustizia, causa Enzo Di Maura, 23 novembre 2017, C-246/16, ha applicato il criterio della proporzionalità alla durata dell’anticipo d’imposta da parte dell’imprenditore, stabilendo l’illegittimità di una norma nazionale che subordini la riduzione della base imponibile dell’IVA all’infruttuosità della procedura concorsuale che abbia una durata persino pari ad un decennio [34]. L’interpretazione così formulata dal giudice europeo si contrappone alla tesi dell’amministrazione finanziaria incentrata sulla prova dell’infruttuosità conclamata della procedura concorsuale che consentisse, in base al tenoredell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972, di operare da parte del soggetto cedente/prestatore la variazione dell’IVA in rivalsa: pertanto, il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione sarebbe dovuto sorgere solo una volta spirato il termine fissato per presentare osservazioni sul piano di [continua ..]
La “specularità” dell’imposta sul valore aggiunto suggerisce di osservare gli effetti che il concordato preventivo può produrre sull’attuazione del tributo con particolare riferimento all’istituto della detrazione [43]. Le osservazioni che seguiranno intendono dimostrare come in tale ambito la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ha consentito di sviluppare l’attuazione di un principio (di neutralità sul diritto di detrazione [44]) che la normativa interna tendeva a trascurare in assenza di una specifica regolamentazione (il D.P.R. n. 633/1972 non prevede una specifica norma su tale fattispecie applicata alle procedure concorsuali). Si ricorda che l’istituto della detrazione consente ai soggetti passivi IVA nelle diverse fasi produttive di detrarre l’imposta assolta sugli acquisti (a differenza del consumatore finale [45] il quale vedrà inciso in tal senso il proprio patrimonio) sulla base del meccanismo della “detrazione di imposta da imposta” [46]. Così, la Corte di Giustizia ha precisato che l’imposta detratta deve corrispondere esattamente a quella assolta a monte in piena attuazione del principio di neutralità [47], minimizzando le limitazioni al diritto di detrazione [48]. Il passaggio logico tra il diritto di detrazione e le relative variazioni si incardina attorno alla esigibilità dell’imposta, ovverosia al momento nel quale l’operazione economica assume un buon grado di certezza [49]: al variare di tale (in)certezza, nasce la necessità di operare delle rettifiche, che in tal caso andranno ad incidere sulla detrazione già operata. Il momento della fatturazione assume nuovamente un ruolo fondamentale in quanto certificazione del diritto di detrazione a prescindere dall’effettivo assolvimento dell’imposta [50] e, proprio per tale motivo, il legislatore ha previsto le rettifiche. L’art. 20, par. 1, lett. a), VI Direttiva fissa la regola generale in base alla quale la rettifica delle deduzioni deve avvenire quando queste risultano essere quantitativamente differenti rispetto all’ammontare di cui si ha diritto [51]. A livello nazionale, la fattispecie della procedura concorsuale quale occasione per effettuare le variazioni della detrazione IVA non è espressamente prevista dalla normativa [continua ..]
La giurisprudenza della Corte di Giustizia, di recente, ha affrontato l’istituto della detrazione, indispensabile anch’esso per rispettare il principio della neutralità dell’IVA, in relazione alla natura del debito in capo al cessionario/committente assoggettato a procedura concorsuale [57]: ebbene, la riduzione definitiva delle obbligazioni realizza un “mutamento degli elementi” assunti per liquidare l’importo esatto delle detrazioni spettanti. Infatti, la disciplina europea tratteggia la cornice normativa delle detrazioni, artt. 184 ss. della Direttiva IVA, fissando un regime strutturato sostanzialmente in una regola generale, una deroga e una ulteriore “deroga alla deroga” [58], lasciando agli Stati membri le modalità applicative. In linea di principio, l’obbligo di rettificare la detrazione già operata nasce quando questa dovesse risultare maggiore o minore rispetto a quella di cui si ha diritto, come ad esempio in presenza di un “mutamento degli elementipresi in considerazione” [59]. In caso di “operazioni totalmente o parzialmente non pagate” non diviene obbligatoria la rettifica della detrazione (prima) deroga, salvo che gli Stati membri la esigano (deroga alla deroga) [60]. In sostanza, il giudice europeo ha ritenuto che il concordato preventivo i) rappresenta un mutamento degli elementi presenti in considerazione per determinare l’importo della detrazione in ragione della riduzione delle somme pagate ai fornitori (punto 27); ii) non sottende una operazione non pagata in quanto la riduzione operata dalla procedura concorsuale assume i caratteri della definitività in virtù della prevista esdebitazione (punto 42). La dottrina ha osservato che, a seguito della riforma delle legge fallimentare del decennio scorso, gli effetti esdebitatori del concordato preventivo sul rapporto obbligatorio assumono differente natura in base al concreto contenuto del piano e della proposta concordataria: mentre, soprattutto in passato, si discuteva se le conseguenze della procedura fossero riconducibili ad una transazione, una novazione, una obbligazione naturale [61] o alla mancanza di esigibilità, attualmente tali ipotesi derivano dalle scelte che il debitore ha a sua disposizione (in ragione del comma 1, lett. a) dell’art. 160 [continua ..]
Si è visto che l’attuazione dell’IVA, sia in rivalsa che in detrazione, e le relative rettifiche assumono quale elemento fondamentale il corrispettivo pattuito all’interno dello scambio, più nello specifico, quello realmente ricevuto, prescindendo da sconti, riduzioni o valori stimati [69]. Già di per sé la transazione, avente ad oggetto beni o servizi assoggettati ad imposizione si contraddistingue per una economicità riconosciuta anche in termini di onerosità [70] dalla stessa Corte di Giustizia UE [71]. Ancor di più, le variazioni dell’imposta “a monte” e “a valle” dipendono, in entrambe le modulazioni, dall’importo del corrispettivo effettivamente pagato e non sulla base di quello originariamente pattuito [72]: pertanto, assumendo le recenti sentenze della CGE, incentrate fondamentalmente sulle procedure concorsuali, quale “punto di partenza e non di arrivo” appare plausibile fornire una interpretazione della disciplina nazionale ed europea delle variazioni IVA che comprenda anche altre soluzioni all’indebitamento quali la composizione della crisi da sovraindebitamento contenuta nella L. n. 3/2012. Sebbene la norma italiana, art. 26, D.P.R. n. 633/1972, preveda espressamente solo le fattispecie delle procedure concorsuali e individuali, degli accordi di ristrutturazione dei debiliti ex art. 182 bis L. fall. e dei piani attestati ex art. 67 L. fall. si ritiene ragionevole poter includere nelle rettifiche IVA anche altre ipotesi di riduzione del corrispettivo in virtù della disciplina europea che assume dei caratteri generali che possono adattarsi ad ulteriori forme di riduzione dell’indebitamento adottate dal legislatore nazionale [73]. Detto diversamente, la norma nazionale circoscrivendo la categoria del “non pagamento” stabilito nella Direttiva IVA alle ipotesi tipizzate nell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972 se fosse interpretata escludendo un’altra procedura infruttuosa quale quella del sovraindebitamento previsto dalla L. n. 3/2012 darebbe luogo ad un verosimile conflitto con gli artt. 90 e 185 della disciplina UE incentrata su principi rivolti a realizzare una attuazione dell’imposta secondo neutralità, proporzionalità ed effettività della riscossione. Anche le soluzioni offerte dalla [continua ..]
Si è visto come gli istituti della rivalsa e della detrazione consentano di garantire la neutralità dell’imposta agli “anelli intermedi della catena di distribuzione” [82] anche in quelle fattispecie contraddistinte dalla gestione dell’indebitamento. Gli interventi interpretativi forniti dalla Corte di Giustizia UE in tema di imposta sul valore aggiunto in presenza di un indebitamento risolto con procedure concorsuali hanno dimostrato un risultato “speculare”: in particolare, se la necessaria rettifica dell’IVA in rivalsa ha riguardato essenzialmente una questione di dies a quo, quella della variazione dell’imposta già detratta ha fatto emergere il principio di neutralità, assieme al corollario dell’effettività del corrispettivo, applicandolo su doverose riliquidazioni del tributo. Riassumendo, l’interpretazione della disciplina europea elaborata con l’ausilio della giurisprudenza ha permesso una lettura congiunta degli artt. 184 e 90 della Direttiva IVA, quali “due facce di una stessa operazione economica”: così come il principio di neutralità dell’imposta è garantito dai due istituti della rivalsa e della detrazione, così l’esistenza di una procedura concorsuale deve consentire di attuare tempestivamente le rispettive variazioni dell’imponibile e dell’imposta. Da un altro punto di vista, conformandosi in maniera condivisibile all’obbligo di rettifica dell’IVA detratta a carico del soggetto sottoposto a procedure concorsuali, o di risoluzione dell’indebitamento in senso ampio (ammettendo anche le soluzioni alla crisi da sovraindebitamento contenute nella L. n. 3/2012), potrebbe emergere la componente onerosa correlata al minor credito IVA (derivante dalla rettifica) e il relativo carattere disincentivante rispetto alla scelta della soluzione all’indebitamento: l’imprenditore o la persona fisica infatti dovendo apportare una variazione del proprio credito IVA vedrebbe incrementare il livello del debito, talvolta sulla base di accertamenti notificati successivamente al perfezionamento dell’accordo con l’amministrazione finanziaria [83]. Si viene allora a creare un apparente “stallo” [84] tra i principi sottesi nelle due sentenze della Corte di Giustizia europea, [continua ..]