Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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L'uso premiale delle sanzioni tributarie e la crisi del principio di specialità (di Maria Pierro)


La riduzione delle sanzioni amministrative e penali agli effetti della definizione del rapporto tributario non attenua la risposta punitiva nei confronti del contribuente, ma determina al contrario un inasprimento della reazione repressiva dello Stato, frutto dell’applicazione congiunta delle sanzioni amministrative e delle sanzioni penali (art. 13, D.Lgs. n. 74/2000), in deroga al principio di specialità stabilito dall’art. 19, D.Lgs. n. 74/2000.

In presenza di una violazione che integra un illecito amministrativo e un illecito penale la Corte di Cassazione tende a riconoscere una progressione criminosa, e nega la configurabilità della violazione del principio del ne bis in idem, applicato solo in relazione alle sanzioni di natura non penale. La posizione del Collegio si pone in contrasto con i recenti arresti della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che estendono il divieto di cumulo anche alle sanzioni “sostanzialmente” penali. Il giudizio sulla natura delle sanzioni irrogate prescinde dal nomen iuris e deve essere ancorato ai criteri di gravità e di onerosità della sanzione applicabile. È probabile che l’Italia venga sottoposta a procedimento di infrazione se non provvederà tempestivamente a dare concreta attuazione alle indicazioni dell’Unione Europea.

the beneficial regime providing for the waiving of tax sanctions and the crisis of the principle of speciality

The beneficial regime providing for the waiving of tax administrative and tax criminal sanctions for the effect of extinguishing tax duties does not mitigate the punitive reaction towards the taxpayer, but, on the contrary, it determines an embitterment of the State’s repressive reaction due to the joint application of tax administrative and tax criminal sanctions (Art. 13, Legislative Decree No. 74/2000), thus derogating to the principle of speciality laid down by Art. 19, Legislative Decree No. 74/2000. In presence of a violation punished both with tax administrative and criminal tax sanctions, the Italian Supreme Court (ISC) tends to see a criminal progression, and considers that the ne bis in idem principle – which applies only to non-criminal sanctions – is fully complied with. Nevertheless, the position of the ISC is in contrast with the recent case law of the Court of Justice of the European Union (CJEU) and of the European Court of Human Rights, which extends the prohibition of cumulative sanctions that are “substantially” criminal. The judgment on the nature of the sanctions inflicted shall not take into account the nomen juris and shall be anchored to gravity and onerousness of the applicable sanction. Italy will probably be subject to an infringe­ment procedure if it will not timely enforce the indications of the European Union in this respect.

1. L’uso premiale delle sanzioni e attenuazione dell’eccesso punitivo Nel 1997 il legislatore ha operato una serie di importanti interventi che hanno condizionato nel tempo le condotte del contribuente in fase sia di adempimento, sia di controllo e di definizione dell’obbligazione tributaria. Si segnalano in particolare i decreti legislativi che hanno modificato la disciplina sostanziale e procedimentale delle sanzioni amministrative tributarie [1]; e quelli che, sul versante dell’attività di accertamento, hanno introdotto “speciali procedure conciliative o di adesione”. Si tratta di provvedimenti sinergici e tra loro concorrenti tramite i quali il legislatore ha deciso da un lato di punire in modo particolarmente grave le violazioni che incidono sull’entità del tributo, e dall’altro di premiare il com­portamento conciliativo o acquiescente del soggetto, sottoposto ad accertamento o controllo, con una diminuzione delle sanzioni applicabili. Sanzioni ridotte ad un terzo del loro importo ordinario in costanza di una partecipazione del contribuente alla definizione dell’imponibile e dell’imposta; o ad un sesto del minimo edittale nei casi di adesione, senza contraddittorio, al contenuto di atti endoprocedimentali che contengono una proposta impositiva ancora in itinere, o dell’avviso di accertamento non impugnato e non preceduto da atti istruttori già altrimenti definibili [2]. La disciplina degli illeciti amministrativi tributari, contenuta nei D.Lgs. n. 471, n. 472, n. 473, non stabilisce per ogni violazione la misura della sanzione, ma indica di solito un minimo e un massimo (per le violazioni sostanziali, in misura percentuale e per le violazioni formali, in misura fissa) entro i quali individuare la pena concretamente applicabile. L’Ufficio finanziario, chiamato a quantificare la sanzione amministrativa, nel rispetto delle indicazione poste dalla normativa [3], può irrogare al trasgressore una pena che va dal 100% al 200% (o più) dell’imposta rettificata. La sanzione può essere applicata nel suo massimo ammontare quando l’Am­ministrazione, tenuto conto dell’entità del tributo evaso, della modalità utilizzate per commettere la violazione, accerta la volontà del trasgressore di «pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta o ostacolare l’attività dell’Amministrazione» (art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 472/1997). L’elemento psicologico (dolo o colpa [4]), che il D.Lgs. n. 472/1997 indica come essenziale ai fini dell’integrazione e della consumazione dell’illecito amministrativo tributario, è infatti il criterio che più di altri consente di valutare il grado di partecipazione psicologica alla sua commissione, di graduare la responsabilità [continua..]

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