Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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La previdenza complementare tra unione europea e Stati Uniti d'America: a chi l'Italia accorda il miglior trattamento fiscale? (di Federico Rasi)


La fiscalità della previdenza complementare è relativamente impermeabile al coinvolgimento di soggetti esteri. L’implementazione in Italia della Direttiva 2003/41/CE e l’entrata in vigore della nuova convenzione con gli USA rappresentano in questo contesto le vicende più significative ed innovative dalla cui analisi possono trarsi spunti per superare de iure condito, in taluni casi, e solo de iure condendo, in taluni altri, i profili di incompatibilità con il diritto dell’UE del sistema italiano.

Supplementary social security plans between the European Union and the United States of America: whom does Italy grant the best tax treatment to?

The tax regime of social security plans is relatively insensitive as to the involvement of foreign entities. The implementation in Italy of Directive No. 2003/41/EC and the entry into force of the new Tax Convention with the U.S. represent, in this context, the most significant events. Their analysis can offer ideas to interpret the Italian tax system in a different way and suggestions on how to amend it pursuing the goal of compatibility with the EU Law.

1. Considerazioni introduttive «La diversità, complessità e specificità dei sistemi fiscali nazionali sviluppatisi negli ultimi anni sono considerati il maggior ostacolo per l’eserci­zio della libera circolazione delle persone e la libertà di prestazione di servizi in materia di pensione complementare ed assicurazione sulla vita»: così si esprimeva la Commissione Europea nella COM (1999)134 «Verso un mer­cato unico per i regimi pensionistici integrativi» dell’11 maggio 1999 evidenziando come le diversità negli schemi di previdenza complementare potessero causare un impedimento all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal diritto dell’UE [1]. Tali diversità sono dovute alle particolarità della previdenza, ovverosia, dal punto di vista fiscale, al fatto che tale fenomeno va analizzato in una prospettiva “diacronica”, potenzialmente diversa dalla tradizionale prospettiva “sincronica” in cui si dipanano le vicende tributarie. Mentre il diritto tributario è per la maggior parte delle fattispecie dominato dal principio dell’autonomia dei periodi di imposta in forza del quale la rilevanza dei fatti generatori dell’obbligazione tributaria rimane confinata nel periodo di imposta in cui si manifestano, la materia previdenziale (ivi compresa la fiscalità della previdenza complementare), invece, ha in mente un più ampio orizzonte temporale di riferimento [2]. Ciò consente ai legislatori nazionali di concentrare la tassazione del risparmio previdenziale in una sola delle fasi (contribuzione, accumulazione, prestazione) in cui la vicenda previdenziale si articola, accordando alle altre un regime di esenzione secon­do uno dei differenti modelli teorici di tassazione del risparmio previdenziale (TEE, ETE, EET) [3]. Tali scelte possono essere messe in crisi nel momento in cui l’iscritto si muove da un ordinamento ad un altro; in tal caso può accadere che lo Stato di origine perda potestà impositiva, pur avendo concesso vantaggi fiscali al contribuente per l’adesione ad un fondo pensione. Gli Stati, dal momento che per vicende relative agli iscritti possono veder alterati gli schemi impositivi cui fanno ricorso, cercano di introdurre cautele per evitare il realizzarsi di questi fenomeni [4]. La scelta di uno Stato di riservare ad un iscritto un regime fiscale di favore in una data fase, si fonda, infatti, sul presupposto del rinvio della tassazione ad una fase successiva (la concessione del vantaggio fiscale della deduzione dei contributi è correlata alla successiva tassazione delle prestazioni, lontana nel tempo dalla prima) [5]. Così facendo possono verificarsi negli ordinamenti nazionali differenziazioni in funzione della residenza o meno del­l’iscritto che, nella [continua..]

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