Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Riflessioni critiche in tema di c.d. flat tax (di Giuseppe Marini)


Relazione tenuta al Convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma e dai Comitati di Azione per la Giustizia presso la Corte d’Appello di Roma in data 23 ottobre 2018 – “Flat tax: l’inizio di una riforma fiscale”.

Il saggio parte dal dibattito sulla proposta, avanzata dalla Fondazione Bruno Leoni, di trasformare l’IRPEF in una c.d. flat tax. In particolare, una volta preso atto che un sistema di tassazione piatta risulterebbe in astratto compatibile con l’art. 53 Cost. (specialmente in presenza di soglie di esenzione e di meccanismi di integrazione reddituale per coloro che si trovano in stato di povertà), appare necessario rendere compatibile una siffatta riforma con il sistema tributario generale italiano. D’altro canto, gli interventi finora adottati appaiono di corto respiro e, almeno con riferimento alle piccole imprese e ai lavoratori autonomi, non escludono il rischio che si generino effetti distorsivi e abusi.

Critical remaks on the so-called flat tax

The essay starts from the lively debate that followed the proposal, put forward by the Bruno Leoni Foundation, to transform the Italian personal income tax (IRPEF) into a flat tax. In particular, once the abstract compatibility of a flat tax system with the provisions of Art. 53 of the Italian Constitution has been found (especially in the presence of exemption thresholds and mechanisms of income integration for those who are in a state of poverty), it is necessary to align such reform with an overall rethinking of the Italian tax system. On the other hand, the regulation issued is short-term and, at least with reference to small business and self-employed people, doesn’t exclude the risk to produce distortive effects and abuses.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Flat Tax e progressività - 3. Prelievo proporzionale e fiscalità immobiliare - 4. Il regime dell’imposta sostitutiva per i piccoli imprenditori ed i lavoratori autonomi - NOTE


1. Premessa

Nel corso dell’estate 2017, dopo la pubblicazione di una proposta elaborata dalla Fondazione Bruno Leoni, si è sviluppato sulle pagine de Il Sole 24 Ore un ampio dibattito in merito alla opportunità e/o necessità di introdurre nel nostro Paese un’imposta sul reddito delle persone fisiche ad aliquota unica o piatta (c.d. flat tax) [1].


2. Flat Tax e progressività

Nel corso dei precedenti interventi è stato autorevolmente trattato il tema della compatibilità costituzionale di una organica revisione dell’IRPEF che eli­mini la progressività delle aliquote in favore di un’aliquota unica indipendente dal livello reddituale. In linea teorica, mi sento di concordare con chi interpreta l’art. 53 Cost., nella parte in cui richiede al sistema tributario di essere informato a criteri di progressività, come una norma programmatica di indirizzo per il legislatore. Una norma che non impone che ciascun tributo sia impostato secondo criteri di progressività e, a ben guardare, nemmeno che il tributo principale (oggi, per gettito, è l’imposta sui redditi) sia informato a criteri di progressività. Peraltro, è stato anche correttamente rilevato che la scelta di un’aliquota unica non implica in sé l’eliminazione della progressività nell’ambito dello stesso singolo tributo. Ben si può ipotizzare che, a fianco di una aliquota unica, siano previste soglie di esenzione o addirittura forme di integrazione del reddito per i soggetti che versino in stato di povertà. Pertanto, ritengo che quella forma di sostegno alla povertà che oggi è entrata nel dibattito politico come “reddito di cittadinanza” non sia incoerente, da un punto di vista sistematico, con una revisione dell’IRPEF che preveda l’aliquota unica. Ancora un’osservazione – che i tecnici possono dare per scontata – ma che non fa capolino nel dibattito pubblico. Flat tax o aliquota unica non vuol dire necessariamente IRPEF più leggera. Tutto dipende dall’aliquota unica che si sceglie. Con un’aliquota unica al 23% si avrebbe una riduzione della pressione fiscale. Ma, all’opposto, con un’a­liquota unica al 43% se ne avrebbe un aggravio. La flat tax, dunque, può essere presa quale modello volto alla sola semplificazione del sistema IRPEF e non anche (o, comunque, non necessariamente) quale strumento di riduzione della pretesa fiscale. Tuttavia, come detto, l’imposizione piatta è entrata nel dibattito pubblico, non solo quale strumento di semplificazione, bensì quale strumento di riduzio­ne dell’imposizione fiscale sui redditi. E, quindi, una parte delle forze [continua ..]


3. Prelievo proporzionale e fiscalità immobiliare

L’esempio più evidente di spostamento dell’imposizione dal reddito al patrimonio è rappresentato dalla fiscalità immobiliare. Imposta sulle donazioni e sulle successioni, IMU, Tributi sui rifiuti, imposta di registro – che sono tributi eminentemente patrimoniali – anche in ragione della revisione dei valori e dei classamenti catastali, negli ultimi anni hanno aumentato notevolmente il loro peso economico, determinando (unitamente alla grave crisi economica) un deprezzamento del mercato immobiliare che, negli ultimi 10 anni, è stato mediamente del 21%. A fronte di siffatta patrimonializzazione della fiscalità immobiliare, la relativa tassazione dei redditi ha virato verso forme di prelievo proporzionale attraverso il regime della cedolare secca al 10% (in via transitoria per i contratti a canone concordato) e al 21%, per i soli contratti aventi ad oggetto la locazione di immobili abitativi. Non si tratta, però di una vera flat tax sui redditi da immobili, perché il regime della cedolare secca richiede, comunque, di accettare alcuni evidenti com­promessi. Anzitutto, non possono dedursi costi, nemmeno in via forfettaria. Poi, il conduttore deve rinunciare all’adeguamento del canone all’inflazione (in una fase di inflazione prossima allo zero questo non è un problema, ma dubito che la cedolare secca verrà utilizzata ancora se l’inflazione riprenderà a galoppare come negli anni della lira). Infine, la cedolare secca può essere adottata solo dai proprietari persone fisiche e, si ripete, solo per la locazione di immobili de­stinati alla soddisfazione del fabbisogno abitativo. Quanto all’estensione della cedolare secca alle locazioni di immobili con destinazione d’uso commerciale, non si può fare tout court, senza prevedere di modificare le norme sulla deducibilità dei costi da locazione. Invero, se sia il conduttore (che si deduce il costo della locazione) sia il locatore pagano l’IRPEF in via progressiva, allora, l’operazio­ne risulta sostanzialmente neutra da un punto delle entrate fiscali dello Stato. Se invece il locatore di immobili commerciali potesse optare per una forma di imposizione del tipo di quella per gli immobili abitativi, ciò determinerebbe potenzialmente un salto d’imposta a danno dello Stato. Dunque, per estendere la [continua ..]


4. Il regime dell’imposta sostitutiva per i piccoli imprenditori ed i lavoratori autonomi

Ho appena accennato ai regimi forfettari di determinazione del reddito per gli imprenditori individuali ed i lavoratori autonomi che, oggi, rappresentano uno dei temi dell’agenda politica. Si partì con il c.d. regime dei minimi che durava 5 anni e che era applicabile a condizione che il fatturato annuo non superasse i 30.000 euro annui. Tale regime prevedeva una tassazione veramente modesta del 5%. Poi il limite di durata dell’opzione è stato eliminato, concedendo l’adozio­ne del regime speciale fino al compimento dei 35 anni (sempre nei limiti di 30.000 euro di fatturato). In seguito, si è deciso di affiancare a tale regime un altro similare che, invece di essere speciale (destinato ai “giovani”), fosse opzionale (per chiunque ri­entrasse nei limiti di fatturato). Il regime opzionale, a differenza di quello speciale per i giovani, prevede una determinazione forfettaria dei costi deducibili e soglie massime di fatturato variabili a seconda dell’attività svolta. Si va dalla soglia più bassa di 30.000 euro annui alla più alta di 50.000 euro per le attività ricettive. Anche la determinazione dei costi in modo forfettario varia da attività ad attività, determinata in base alle medie del settore. Il premio, se così vogliamo chiamarlo, per chi opta per il regime forfettario sta nel fatto di fruire di una aliquota fissa al 15%. Si tratta di un regime che può non risultare molto conveniente per chi abbia costi più alti di quelli forfettizzati (per gli avvocati, ad esempio, sono pari al 22% del fatturato, mentre per le attività ricettive sono pari al 60%), anche in considerazione del fatto che l’aliquota al 15% non è molto lontana dal­l’a­li­quota ordinaria più bassa, pari al 23%, che tali operatori potrebbero verosimilmente applicare alla maggior parte della loro base imponibile. Parrebbe che le cose stiano cambiando e che, ferme l’aliquota del 15% e la deduzione forfettaria dei costi, il limite di fatturato per l’esercizio dell’opzione crescerà sensibilmente, a 65.000 euro per tutti, con possibilità di ulteriore e­sten­sione a 100.000 euro di fatturato annuo (e aliquota al 20% per la parte di ricavi e/o compensi sopra i 65.000 euro). Se tutto ciò sarà confermato, si tratterà di una piccola, grande rivoluzione. Vero è [continua ..]


NOTE