L’autore commenta le recenti decisioni della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione sulle opposizioni all’esecuzione tributaria.
The author comments certain recent decisions of the Constitutional Court and the Supreme Court on the oppositions to forced tax collection.
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1. L'opposizione all'esecuzione - 2. L'opposizione agli atti esecutivi - NOTE
Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale parziale dell’art. 57 D.P.R. 29 settembre 1973, diventano proponibili l’opposizione per difetto, originario o sopravvenuto, di titolo esecutivo e quella di merito contro l’espropriazione forzata tributaria. Il regime degli strumenti rimediali contro l’esecuzione sostanzialmente ingiusta più non soffre, pertanto, eccezioni rispetto a quello di diritto comune, essendo già per l’innanzi ammessa l’opposizione concernente la pignorabilità dei beni. La sentenza è stata accolta con favore dai commentatori [1]. Peraltro, dal sistema si potevano già trarre rimedi alternativamente sperimentabili dal debitore contro l’espropriazione materialmente ingiusta: l’istanza endoesecutiva ex art. 486 c.p.c., sollecitatoria del potere officioso di rilevazione del difetto di titolo esecutivo (ed anche della relativa temporanea ineseguibilità in ragione di un impedimento legale, come nella fattispecie che ha dato causa all’ordinanza di rimessione pronunciata dal tribunale triestino), con effetti circoscritti al processo in corso e senza autorità di giudicato; l’opposizione ex art. 617, comma 2, c.p.c. contro qualunque atto (tanto dell’agente della riscossione, quanto del g.e.) viziato dall’inesistenza di tale presupposto processuale; l’eccezione di estinzione, per intervenuto adempimento dell’obbligazione tributaria ex titulo [2]. Nondimeno, la pronuncia va apprezzata là dove appresta in favore del contribuente un efficace strumento di tutela, inteso a prevenire la vendita forzata (intangibile, ex art. 187 bis disp. att. c.p.c., nell’ipotesi di sopravvenuto accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, mentre l’eventuale assegnazione del bene o del credito pignorato in favore dell’agente della riscossione deve ritenersi caducata dalla pronuncia favorevole al contribuente [3]). Poteva infatti ritenersi dubbio che il g.e., richiesto con istanza ex art. 486 c.p.c. della rilevazione di una situazione impediente, avesse il potere di sospendere il processo esecutivo (per quanto la questione dovesse a mio avviso risolversi in senso affermativo, non subordinando l’art. 60, D.P.R. n. [continua ..]
Le considerazioni svolte alla fine del precedente paragrafo introducono la disamina del principio enunciato dalla Cassazione nella sentenza in commento [18], alla cui stregua «l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario». La palinodia delle Sezioni Unite (che hanno mutato l’orientamento precedentemente espresso circa la riserva al giudice ordinario della controversia post inchoatam executionem [19]), diversamente da quella della Corte costituzionale, è stata prevalentemente criticata dalla dottrina [20]. La S.C. – con una decisione nomopoietica, piuttosto che nomofilattica – ha introdotto nel catalogo degli atti impugnabili ex art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 una nuova fattispecie: quella del pignoramento non preceduto dalla valida notifica degli atti preparatori (cartella di pagamento e, ove occorra, intimazione ad adempiere ed iscrizione ipotecaria). Ormai non si revoca in dubbio che l’elenco contenuto nella citata disposizione non abbia carattere tassativo e che il contribuente possa insorgere anche contro atti diversi da quelli nominati [21], purché la controversia rientri nella giurisdizione del giudice tributario, che non si estende – secondo l’inequivoco tenore dell’art. 2, D.Lgs., cit. – agli atti con i quali l’agente della riscossione inizia e prosegue l’esecuzione forzata. Nella specie il gravame si dirige contro il pignoramento esattoriale, che quindi dovrebbe essere insindacabile da parte del giudice speciale, segnando la pendenza dell’espropriazione forzata tributaria. Invece le Sezioni Unite predicano il contrario, valorizzando – inter alia – l’interesse ad agire che sorge in capo al contribuente a seguito dell’imposizione del vincolo esecutivo, trattandosi del primo atto a lui notificato con il quale viene manifestata la volontà di procedere alla riscossione del credito (in motivazione, par. 2.3.2). Ma l’argomento è privo di forza dimostrativa: in disparte la considerazione che il pignoramento potrebbe essere stato preceduto dall’avviso [continua ..]