Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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Palinodia giurisprudenziale sulle opposizioni all'esecuzione tributaria (di Massimo Cirulli)


L’autore commenta le recenti decisioni della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione sulle opposizioni all’esecuzione tributaria.

Jurisprudential palinode on the oppositions to forced tax collection

The author comments certain recent decisions of the Constitutional Court and the Supreme Court on the oppositions to forced tax collection.

 

I Corte cost., 31 maggio 2018, n. 114 – Pres. Lattanzi, Rel. Amoroso Espropriazione forzata tributaria – Opposizione all’esecuzione per causa diversa dalla pignorabilità dei beni – Divieto – Illegittimità costituzionale parziale È costituzionalmente illegittimo l’art. 57, comma 1, lett. a), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50, D.P.R. n. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c.   II Cass., sez. un., 5 giugno 2017, n. 13913 – Pres. Rordorf, Rel. Bielli Espropriazione forzata tributaria – Pignoramento non preceduto dalla notifica del titolo esecutivo – Opposizione agli atti esecutivi – Giurisdizione tributaria – Sussistenza In materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario. I (Omissis). 1. – Con ordinanze in data 11 e 31 dicembre 2013 iscritte rispettivamente al n. 9 e al n. 8 del registro ordinanze 2016, il giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Sulmona ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall’art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111, 113 e 117 della Costituzione e all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. Il rimettente, in particolare, dubita della legittimità costituzionale della disposizione censurata nella parte in cui, limitando la facoltà di proporre le opposizioni regolate dagli artt. 615 e 617 del codice di procedura civile solo a quelle riguardanti la pignorabilità dei beni ed alle opposizioni agli atti esecutivi concernenti le patologie del titolo e del precetto, non contempla «la facoltà di proporre opposizione nei confronti delle patologie riguardanti il pignoramento o il procedimento di notificazione di detto atto, quand’anche si trattasse dell’inesistenza della notificazione», [continua..]

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SOMMARIO:

1. L'opposizione all'esecuzione - 2. L'opposizione agli atti esecutivi - NOTE


1. L'opposizione all'esecuzione

Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale parziale dell’art. 57 D.P.R. 29 settembre 1973, diventano proponibili l’opposizione per difetto, originario o sopravvenuto, di titolo esecutivo e quella di merito contro l’espropriazione forzata tributaria. Il regime degli strumenti rimediali contro l’esecuzione sostanzialmente ingiusta più non soffre, pertanto, eccezioni rispetto a quello di diritto comune, essendo già per l’innanzi ammessa l’opposizione concernente la pignorabilità dei beni. La sentenza è stata accolta con favore dai commentatori [1]. Peraltro, dal sistema si potevano già trarre rimedi alternativamente sperimentabili dal debitore contro l’espro­priazione materialmente ingiusta: l’istanza endoesecutiva ex art. 486 c.p.c., sollecitatoria del potere officioso di rilevazione del difetto di titolo esecutivo (ed anche della relativa temporanea ineseguibilità in ragione di un impedimento legale, come nella fattispecie che ha dato causa all’ordinanza di rimessione pronunciata dal tribunale triestino), con effetti circoscritti al processo in corso e senza autorità di giudicato; l’oppo­sizione ex art. 617, comma 2, c.p.c. contro qualunque atto (tanto dell’agente della ri­scossione, quanto del g.e.) viziato dall’inesistenza di tale presupposto processuale; l’ec­cezione di estinzione, per intervenuto adempimento dell’obbligazione tributaria ex titulo [2]. Nondimeno, la pronuncia va apprezzata là dove appresta in favore del contribuente un efficace strumento di tutela, inteso a prevenire la vendita forzata (intangibile, ex art. 187 bis disp. att. c.p.c., nell’ipotesi di sopravvenuto accoglimento dell’opposizio­ne all’esecuzione, mentre l’eventuale assegnazione del bene o del credito pignorato in favore dell’agente della riscossione deve ritenersi caducata dalla pronuncia favorevole al contribuente [3]). Poteva infatti ritenersi dubbio che il g.e., richiesto con istanza ex art. 486 c.p.c. della rilevazione di una situazione impediente, avesse il potere di sospen­dere il processo esecutivo (per quanto la questione dovesse a mio avviso risolversi in senso affermativo, non subordinando l’art. 60, D.P.R. n. [continua ..]


2. L'opposizione agli atti esecutivi

Le considerazioni svolte alla fine del precedente paragrafo introducono la disamina del principio enunciato dalla Cassazione nella sentenza in commento [18], alla cui stregua «l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si as­sume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario». La palinodia delle Sezioni Unite (che hanno mutato l’orientamento precedentemente espresso circa la riserva al giudice ordinario della controversia post inchoatam executionem [19]), diversamente da quella della Corte costituzionale, è stata prevalentemente criticata dalla dottrina [20]. La S.C. – con una decisione nomopoietica, piuttosto che nomofilattica – ha intro­dotto nel catalogo degli atti impugnabili ex art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 una nuova fat­tispecie: quella del pignoramento non preceduto dalla valida notifica degli atti preparatori (cartella di pagamento e, ove occorra, intimazione ad adempiere ed iscrizione ipotecaria). Ormai non si revoca in dubbio che l’elenco contenuto nella citata disposizione non abbia carattere tassativo e che il contribuente possa insorgere anche contro atti diversi da quelli nominati [21], purché la controversia rientri nella giurisdizione del giudice tributario, che non si estende – secondo l’inequivoco tenore dell’art. 2, D.Lgs., cit. – agli atti con i quali l’agente della riscossione inizia e prosegue l’esecuzione forzata. Nella specie il gravame si dirige contro il pignoramento esattoriale, che quindi dovrebbe essere insindacabile da parte del giudice speciale, segnando la pendenza del­l’espropriazione forzata tributaria. Invece le Sezioni Unite predicano il contrario, valorizzando – inter alia – l’interesse ad agire che sorge in capo al contribuente a seguito dell’imposizione del vincolo esecutivo, trattandosi del primo atto a lui notificato con il quale viene manifestata la volontà di procedere alla riscossione del credito (in motivazione, par. 2.3.2). Ma l’argomento è privo di forza dimostrativa: in disparte la considerazione che il pignoramento potrebbe essere stato preceduto dall’avviso [continua ..]


NOTE