L’introduzione nel 2006 della c.d. transazione fiscale nella legge fallimentare italiana (R.D. n. 267/1942, così come successivamente modificato) permette al debitore in seria crisi finanziaria, che intenda raggiungere un concordato preventivo con tutti i creditori privati al fine di evitare il fallimento, di regolare anche i propri debiti tributari e contributivi con le autorità competenti. Posto che il legislatore ha introdotto siffatto istituto tributario all’interno della disciplina fallimentare, la giurisprudenza di merito continua ad incontrare numerose difficoltà ermeneutiche relative alla sua applicazione. Con la decisione n. 22931 del 4 novembre 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che la transazione fiscale costituisce una mera facoltà (e non un obbligo) per il debitore che intenda regolare le proprie obbligazioni tributarie e, in secondo luogo, che il credito IVA non è mai falcidiabile qualora l’Amministrazione finanziaria non aderisca alla transazione fiscale né al concordato preventivo “puro”. La prima questione risolta dalla Suprema Corte riflette lo spirito delle procedure concorsuali nel nostro ordinamento (fenomeno noto come privatizzazione dell’insolvenza) che mirano alla soddisfazione della massa dei creditori, obiettivo in relazione al quale i creditori pubblici – e, in particolare, l’Amministrazione finanziaria – non possono costituire un ostacolo. La possibilità di regolare le obbligazioni tributarie senza il consenso del Fisco costituisce un’ulteriore superamento del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria verso un approccio maggiormente efficiente della riscossione. Da ultimo, la Suprema Corte sottolinea che la modifica normativa del 2008 che sancisce la non falcidiabilità del credito IVA per mezzo della transazione fiscale (per il quale è solamente possibile un pagamento rateizzato) ha natura “imperativa” e, come tale, applicabile anche qualora la regolamentazione delle pendenze tributarie avvenga al di fuori della transazione fiscale stessa. Tale conclusione palesa un approccio prudente della Suprema Corte volto alla protezione delle risorse finanziarie dell’Unione Europea ed esprime altresì un parallelismo con la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.
The introduction in 2006 of the so-called fiscal transaction («transazione fiscale») in the Italian insolvency legislation (Royal Decree No. 267/1942, as subsequently amended) allows debtors in a serious financial crisis interested in seeking an agreement with all private creditors in the attempt to avoid formal bankruptcy («concordato preventivo»), the possibility to settle also their tax and social contribution obligations with the competent public authorities. Since the legislator introduced this tax institute as part of the insolvency discipline, the courts are facing many interpretation issues concerning its application. With decision No. 22931 of November 4, 2011, the Italian Supreme Court establishes that the fiscal transaction represents merely an option (not a legal duty) for the debtor intending to settle its tax obligations and, secondly, that the VAT liability shall not be reduced if neither the fiscal transaction nor the pre-bankruptcy agreement are accepted and signed by the tax authority. The first question resolved by the Supreme Court reflects the effective spirit of insolvency proceedings in the Italian system (referred to as the so-called insolvency privatisation) aimed at satisfying the mass of creditors, which public creditors and, especially, the tax authorities, do not have the right to obstacle. The possibility to settle fiscal obligations without the consent of the tax authorities represents a further overcoming of the principle of “unavailability” of tax obligations towards an efficiency-oriented approach of tax collection. Finally, the Supreme Court considers the 2008 amendment providing that VAT obligations cannot be reduced through the fiscal transaction (but can only be payable in instalments) as “imperative” and, therefore, applicable even if the settlement on tax obligations is reached without fiscal transaction. Such conclusion shows a prudent approach of the Italian Supreme Court towards the protection of the EU financial resources and expresses a parallelism with the jurisprudence of the CJEU.
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