L'impatto della giurisprudenza europea in ambito tributario viene esaminato sotto due punti di vista. Anzitutto, per verificare la coerenza dell’odierno assetto del giudizio tributario rispetto al principio del “giusto processo”. Poi, per esaminare alcune questioni di attuale o potenziale “dialogo” fra la giurisprudenza europea e quella nazionale. A seguito della prima verifica, si registrano tuttora alcuni aspetti di possibile contrasto fra la disciplina processuale tributaria ed il ricordato principio: per quanto attiene, in particolare, al meccanismo di reclutamento dei Giudici tributari, al divieto di prova testimoniale, al diverso regime della costituzione nel giudizio di primo grado della parte ricorrente e di quella resistente, alla preclusione a produrre in giudizio documenti non forniti nel corso dell’istruttoria amministrativa e all’inapplicabilità dell’equa riparazione per l’eccessiva durata del processo. Infine, il “dialogo” fra le Corti europee ed i Giudici italiani si prospetta più vivace e foriero di interessanti sviluppi sui temi del contraddittorio preprocessuale e dell’attuazione del principio del “ne bis in idem”.
The influence of european case law on the italian tax trial The impact of European case law in the field of tax law is discussed from two perspectives: firstly, the coherence of the current tax litigation framework with the due process of law and, secondly, the potential reciprocal “dialogue” between European and Italian case law. As regards the first, nowadays there are still some problems in relation to: discipline of judges’ recruitment, non-admittance of witnesses, different regime of standing before the Tax Court of first instance for the appellant and for the defendant, impossibility of providing documents in tax litigation not exhibited during the administrative proceedings and absence of fair compensation for excessive length of the process. Finally, the “dialogue” between European and Italian judges promises to be particularly lively and may lead to interesting developments regarding the the audi alteram partem principle in the pre-trial phase and the application of the ne bis in idem principle.
1. Introduzione
L’analisi dell’impatto della giurisprudenza europea sul nostro processo tributario può offrire almeno due campi d’indagine.
Il primo attiene direttamente al giudizio che si svolge dinanzi alle Commissioni Tributarie ed è teso a verificarne la coerenza rispetto ai principi dell’ordinamento europeo ed alla lettura che di essi viene offerta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (d’ora in poi, indicata solo come CGUE) e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (in seguito, Corte EDU).
Il secondo investe le questioni sulle quali si registra o si potrà registrare, per così dire, un “dialogo”, nella materia tributaria, fra la giurisprudenza nazionale (di legittimità e di merito) e quella europea.
Questo lavoro, pertanto, si articola in due parti, una dedicata alla rilevanza che assumono il diritto europeo e, per l’effetto, la giurisprudenza della CGUE e della Corte EDU nel processo tributario e l’altra concernente alcuni temi che stimolano o potranno stimolare un confronto fra i Giudici nazionali e quelli europei.
2. Il principio del “giusto processo”
Secondo un diffuso e condivisibile convincimento [1], per la disciplina processuale tributaria assume decisivo rilievo l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (poi, solo CEDU), che sancisce il diritto di ciascuno ad un “equo processo” in ordine ad i «suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale».
A sua volta, l’art. 6, par. 3 del Trattato sull’Unione Europea (in seguito, TUE) prevede che i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri costituiscono principi generali del diritto dell’Unione Europea (in seguito, solo UE).
Poi, l’art. 111 Cost., sul versante interno, recepisce, in larga parte, la disciplina in tema di “equo processo”.
Per quanto ci interessa, dall’art. 6 della CEDU e dall’art. 111 Cost. si ritraggono i precetti della terzietà ed imparzialità del Giudice, della parità delle parti, della pienezza del diritto di difesa e del contraddittorio fra le parti medesime e della ragionevole durata del processo. Ove essi siano rispettati, il processo può senz’altro considerarsi “equo”.
A questo punto, occorre verificare – anche alla luce della “declinazione” che di siffatti precetti offre la giurisprudenza europea – la conformità della disciplina processualtributaria italiana rispetto al menzionato canone del “processo equo”.
Prima di assolvere tale compito, va ricordato che i rammentati precetti sul “giusto processo”, quali principi generali del diritto dell’UE, trovano diretta attuazione ed impongono la [continua..]