Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Frodi carosello e 'consapevolezza' del cessionario IVA (di Fabrizio Amatucci)


L’Amministrazione finanziaria sempre più spesso effettua accertamenti in materia di IVA nei confronti di so­cietà cessionarie definite “società-filtro” o “buffers” presupponendo che tali soggetti che abbiano in­trat­te­nu­to rapporti con società definite “cartiere”, hanno partecipato ad una frode carosello finalizzata all’eva­sio­ne delle imposte e realizzata mediante l’impiego di fatture per operazioni soggettivamene inesistenti.

Per tale ragione l’Agenzia delle Entrate rifiuta di concedere a tali soggetti la detraibilità dell’IVA relativa a tali operazioni. La fittizietà dell’operazione si desume dal fatto che i soggetti passivi sono diversi da quelli che realmente hanno posto in essere le operazioni imponibili. Per dimostrare il coinvolgimento del ces­sio­na­rio nella frode carosello sarebbe necessario accertare la consapevolezza della partecipazione di quest’ultimo ad un’attività illecita. L’Agenzia delle Entrate e il giudice tributario hanno una competenza e strumenti a di­sposizione limitati per verificare tale conoscenza del cessionario relativa alle altrui precedenti attività frau­do­lente.

La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, uniformandosi agli orientamenti della Corte di Giustizia UE, considera correttamente la consapevolezza, non come un stato soggettivo del contribuente, ma come una i­doneità a conoscere l’illiceità delle operazioni poste in essere da altri soggetti sulla base degli strumenti (giu­ridici) disponibili nel sistema fiscale in cui opera.

Carousel frauds and 'knowledge' of transferees in VAT system

Tax authorities frequently carry out VAT assessments towards transferees (i.e. companies which receive the goods) defined “filters” or “buffers”, considering that, having entertained commercial relationships with “missing traders” companies, they are part of a carousel fraud aimed at evading taxes and realised with fictitious invoices for non-existent companies. For these reasons, tax authorities deny traders involved in carousel frauds the right to deduct the input VAT. The fictitiousness of the operation shall be implied from the fact that taxpayers involved are different from those which effectively supply and receive the goods. In order to prove the involvement of the transferee in the carousel fraud, it is necessary to demonstrate its consciousness in participating in such unlawful operation. Tax authorities and tax courts have limited competence and instruments aimed at verifying transferee’s acknowledgement concerning previous fraudulent operations.

Recent case law of the Supreme Court, which aligns to CJEU’s decisions, correctly considers that such acknowledgement is not a subjective status of the taxpayer, but an objective capacity to know the unlawfulness of operations carried out by other companies exploiting legal instruments offered by the national tax system.

1. Il variegato quadro normativo in materia di frodi carosello Sempre più spesso l’Agenzia delle Entrate opera induttivamente per dimostrare che alcune società cessionarie (definite società filtro o buffers in quanto creano un filtro idoneo ad occultare la connessione tra cartiera e cessionario reale) che abbiano intrattenuto rapporti commerciali con società cartiere o missing trader, siano coinvolte “all’interno di un carosello fiscale”, finalizzato all’evasione delle imposte e realizzato mediante l’impiego di fatture per operazioni soggettivamene inesistenti ed indebite dichiarazioni di intento. Ciò al fine di disconoscere la detraibilità dell’IVA e l’inde­du­cibilità dei costi relativi a tali operazioni. La società cartiera, vendendo ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato in quanto non gravata da IVA, attira una serie di altri soggetti che acquistano solitamente sottocosto le merci e le introducono nel mercato interno alimentando la distorsione alla concorrenza [1]. Si sconvolge in tal modo la logica del mercato in quanto, invece di aumentare i costi per il legittimo guadagno dell’intermediario, si abbassano artificiosamente a danno dell’erario. Tale valutazione è effettuata dagli accertatori su di una serie di elementi come la mancanza di strutture idonee allo svolgimento di attività della cedente o cartiera, la mancanza di dipendenti di quest’ultima, la vendita di beni al di sotto del valore di mercato ecc. L’ope­razione viene considerata in tali casi dal punto di vista sanzionatorio ai fini IVA soggettivamente insistente [2] e rientrante tra i reati previsti dagli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000. Talvolta si è ipotizzato il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato sensi dell’art. 640 c.p., comma 2 [3]-[4]. In altri casi ancora, oltre al reato connesso alla partecipazione alla frode carosello, si contesta quello di omesso versamento IVA ex art. 10 ter, D.Lgs. n. 74/2000 da parte di quei soggetti facenti parte della filiera fraudolenta che rispondono di concorso [5]. L’ipotesi di fittizietà soggettiva si caratterizza per il fatto che la vendita è riferibile a soggetti diversi da quelli che l’hanno realmente posta in essere. La falsità ideologica in tali casi, seppure riferita ad una transazione realmente effettuata, riguarda dunque diversi contraenti. Tuttavia essa presupporrebbe l’effettività dell’acquisto dei beni nella disponibilità patrimoniale del­l’impresa che ha utilizzato le fatture false e la simulazione soggettiva ossia la provenienza della merce da ditta o soggetti diversi da quelli figuranti sulle fatture [6]. Tale simulazione non può prescindere da alcuni elementi fondamentali caratterizzanti le [continua..]

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