Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Anche la Corte di Cassazione conferma l'illegittimità dell'applicazione retroattiva della presunzione di evasione (art. 12, comma 2, D.L. n. 78/2009) (di Matteo Targhini, Giorgio Gavelli)


A quasi due lustri dall’introduzione, con il c.d. decreto “Milleproroghe” (D.L. n. 78/2009), della presunzione legale di evasione “per equivalente” incardinata nell’art. 12, comma 2, anche la Corte di Cassazione, con l’ord. 2 febbraio 2018, n. 2662, in rassegna, conferma le soluzioni in precedenza ipotizzate su questa Rivista, escludendo l’impiego retroattivo del meccanismo presuntivo in argomento.

The Supreme Court confirms the irretroactivity of the presumption of tax evasion (art. 12, para. 2, Law Decree n. 78/2009)

Nearly ten years after the introduction, whit the so-called “decreto Milleproroghe” (Law Decree n. 78/2009), of a legal presumption of tax evasion in its art. 12, paragraph 2, the Supreme Court, in its judgment n. 2662 of 2 February 2018, confirms the solutions previously proposed by the authors, excluding the retroactive application of the presumption under examination.

Cass., sez. VI, ord. 2 febbraio 2018, n. 2662 – Pres. Cirillo, Est. Napolitano Investimenti e attività di natura finanziaria detenute negli Stati e territori a regime fiscale privilegiato – Violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale – Presunzione di evasione – Redditi sottratti a tassazione – Art. 12, comma 2, D.L. n. 78/2009 – Natura sostanziale della norma – Irretroattività – Applicabilità solo ad accertamenti relativi ad annualità successive alla sua entrata in vigore. L’art. 12, comma 2, D.L. n. 78/2009 che ha introdotto nel sistema giuridico tributario una presunzione legale relativa di evasione in base alla quale «gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato» in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, D.L. n. 167/1990 (conv. dalla L. n. 227/1990), «si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione» nel nostro Paese, è norma che ha natura “sostanziale” e, in quanto tale, è applicabile solo ad accertamenti relativi ad annualità successive alla sua entrata in vigore. (Omissis) MOTIVI DELLA DECISIONE (Omissis) Il D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, in vigore dal 1 luglio 2009, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, stabilisce che “in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, commi 1, 2 e 3, convertito dalla L. 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 1, sono raddoppiate”. L’Amministrazione finanziaria insiste nel ritenere che la disposizione in oggetto abbia natura procedimentale e che, come tale, sarebbe soggetta al principio tempus regit actum, trovando applicazione anche riguardo alle somme detenute all’estero in violazione dei suddetti obblighi dichiarativi negli anni precedenti l’entrata in vigore dello stesso decreto L. n. 78 del 2009. Tale assunto non può essere condiviso. Gli accertamenti in questione, originati da processo verbale della Guardia di Finanza, che aveva rilevato che i nominativi dei suddetti contribuenti erano inseriti nella cd. “lista Falciani”, riportante quelli dei soggetti [continua..]

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SOMMARIO:

1. La questione della (il)legittimità dell’efficacia retroattiva dell’art. 12, comma 2 - 2. Natura “para-sostanziale” dell’art. 12, comma 2, e illegittimità della sua applicazione retroattiva in relazione al principio di capacità contributiva - 3. Illegittimità dell’applicazione retroattiva dell’art. 12, comma 2, con riguardo al diritto di difesa - 4. Ulteriori profili di illegittimità in relazione ai principi della certezza del diritto, della tutela dell’affidamento e alla natura “sfavorevole” al contribuente dell’art. 12, comma 2 - 5. Considerazioni conclusive - NOTE


1. La questione della (il)legittimità dell’efficacia retroattiva dell’art. 12, comma 2

La recente ordinanza della Cass., 2 febbraio 2018, n. 2662 conferma, ad onor del vero con una sommaria disamina, le riflessioni svolte in un contributo pubblicato su questa Rivista [1] sul tema dell’impiego retroattivo della norma tributaria, in generale, e del meccanismo presuntivo incardinato nell’art. 12, comma 2, D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (conv. con modificazioni dalla L. 3 agosto 2009, n. 102), in particolare. Com’è noto, l’art. 12, comma 2, ha introdotto nel sistema giuridico tributario una presunzione legale relativa di evasione in base alla quale «gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato» in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, D.L. n. 167/1990 (conv. dalla L. n. 227/1990), «si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione» nel nostro Paese. In mancanza di una precisa indicazione da parte del legislatore tributario del­l’orizzonte temporale di applicazione dello strumento presuntivo de quo, all’inter­prete non resta altro che seguire il cammino ermeneutico tracciato dalla più autorevole dottrina costituzionale e tributaria onde appurare, attraverso l’identificazione delle conseguenze della “retrospezione giuridica” del passato operata dallo ius superveniens, la legittimità del suo impiego retroattivo. Ebbene, l’ordinanza in rassegna affronta e risolve la questione della (il)legittimità dell’efficacia retroattiva dell’art. 12, comma 2, sottoponendo lo ius superveniens allo scrutinio di costituzionalità con esclusivo riguardo agli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 24 (diritto di difesa), trascurando l’art. 53 (principio di capacità contributiva) e i profili sostanziali del rapporto tributario, nonché i principi della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento.


2. Natura “para-sostanziale” dell’art. 12, comma 2, e illegittimità della sua applicazione retroattiva in relazione al principio di capacità contributiva

Dalla semplice lettura della motivazione dell’ord. n. 2662/2018 in commento si evince che l’Amministrazione Finanziaria propone ricorso per cassazione lamentando l’erroneità in diritto della pronuncia impugnata [2] nella parte in cui ha ritenuto che l’art. 12, comma 2, abbia natura “sostanziale”, insistendo nel ritenere che la disposizione in oggetto abbia in realtà natura “procedimentale” [3]: se “procedimentale”, in quanto volta a regolamentare gli obblighi meramente strumentali alla realizzazione dell’obbligazione tributaria e dunque idonea a modificare i soli aspetti della fase attuativa del prelievo fiscale [4], la disposizione è immediatamente applicabile sulla base dei principi generali che presiedono alla successione delle norme nel tempo, in analogia al principio del tempus regit actum applicabile alle disposizioni processuali; se “sostanziale”, in quanto diretta a disciplinare il presupposto d’imposta e a determinare l’an e il quantum debeatur e per ciò idonea ad incidere sull’interesse sostanziale alla realizzazione di una imposizione corrispondente alla capacità attuale ed effettiva del contribuente [5], la norma è applicabile solo ad accertamenti relativi ad annualità successive alla sua entrata in vigore [6]. Ciò nonostante, la Corte affronta l’indagine, in chiave dicotomica, della natura “procedimentale” ovvero “sostanziale” della norma da valutare solo in rapporto al «tradizionale criterio della sedes materiae, che vede abitualmente le norme in tema di presunzioni collocate nel codice civile e dunque di diritto sostanziale e non già nel codice di rito» [7]. Nel caso di specie, probabilmente, (notevole) parte dell’attenzione del collegio rispetto al merito del problema è stata sottratta dal «precedente [8] indicato nella proposta del relatore» consigliere, laddove la stessa Corte si era soffermata sul (differente) tema dell’utilizzabilità nell’ambito dell’attività di contrasto e accertamento dell’evasione fiscale, al pari di qualsiasi elemento con valore indiziario, dei dati bancari acquisiti dal dipendente di una banca residente all’estero e ottenuti dal Fisco [continua ..]


3. Illegittimità dell’applicazione retroattiva dell’art. 12, comma 2, con riguardo al diritto di difesa

Come preannunciato, unitamente all’argomento topografico della sedes materiae, l’ordinanza in rassegna affronta e risolve la questione della (il)legittimità dell’effica­cia retroattiva dell’art. 12, comma 2, sottoponendo lo ius superveniens allo scrutinio di costituzionalità con riguardo agli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 24 (diritto di difesa). «D’altronde, la pretesa natura procedimentale della norma di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, che pone, in favore del fisco, una più favorevole presunzione legale relativa rispetto al quadro normativo previgente, (...) porrebbe il contribuente, che sulla base del quadro normativo previgente non avrebbe, ad esempio, avuto interesse alla conservazione di un certo tipo di documentazione, in condizione di sfavore, pregiudicandone l’effettivo espletamento del diritto di difesa, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost.» [34]. La garanzia del diritto di difesa, infatti, implica anche la garanzia di poter fornire la prova e di «difendersi provando» [35]. In materia tributaria e per quanto attiene alla prova, se è innegabile che il diritto di difesa sia violato laddove è reso irragionevolmente difficile o impossibile fornire la prova di una circostanza rilevante per l’attuazione del giusto tributo [36], a maggior ragione detto paradigma costituzionale è da considerarsi trasgredito quando l’estrema difficoltà (se non l’impossibilità) di fornire la prova contraria rende una novellata presunzione legale, nei fatti, da relativa ad assoluta [37]. Pertanto, se le nuove disposizioni introducono oneri probatori prima inesistenti, l’applicazione retroattiva delle stesse nell’ambito di accertamenti aventi ad oggetto annualità precedenti l’entrata in vigore comporta l’onere per il contribuente di addurre prove che egli non era tenuto a precostituirsi e che potrebbe verosimilmente non essere più in grado di produrre. L’applicazione immediata di una presunzione relativa nell’ambito di processi o procedimenti in corso, relativi a fatti sostanziali già avvenuti, urta con il diritto di difesa del contribuente, se e nella misura in cui egli venga chiamato a fornire le prove di non evasione in un momento successivo a quello in cui sarebbe [continua ..]


4. Ulteriori profili di illegittimità in relazione ai principi della certezza del diritto, della tutela dell’affidamento e alla natura “sfavorevole” al contribuente dell’art. 12, comma 2

Dalla identificazione delle conseguenze della “retrospezione giuridica” del passato operata dallo ius superveniens è agevole constatare che il sindacato di costituzionalità può essere plausibilmente appuntato anche ad ulteriori profili di illegittimità. Lasciando a sedi più opportune la ricostruzione storicamente operata in ambito teorico e dogmatico in tema di certezza del diritto e di connessa tutela dell’affida­mento, è opportuno tuttavia evidenziare che nell’istituto giuridico oggetto del presente intervento il principio di affidamento si presenta con una forza peculiare a causa della struttura essenzialmente contrattuale del rapporto instaurato dalla legge tra potere pubblico e soggetto economico privato. È infatti assai “odioso” che lo Stato incida in maniera decisiva sulla ripartizione dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente al solo fine di assicurare il miglior successo delle procedure di emersione spontanea [41], ancor più se tale potere viene applicato a fattispecie verificatesi prima dell’entrata in vigore del novellato meccanismo presuntivo. I tratti essenziali dello Stato di diritto rendono necessario che un simile comportamento sia sottoposto ad uno scrutinio stretto di costituzionalità. «Inoltre, a causa dei diversi modi di attentato all’affidamento e alla certezza che si collegano al vario, possibile rapporto nel tempo della legge nuova con quella originaria, quello scrutinio stretto dovrebbe essere condotto secondo paradigmi articolati e sicuri, lungo una scala via via crescente di rigidità del controllo (...) In definitiva: se il principio dell’inesauribilità della produzione normativa è (logicamente) connesso all’essenza stessa del diritto e (storicamente) legato alla forma di Stato e di governo democratica; se, dunque, al legislatore non può essere negato il potere di introdurre strumenti presuntivi di straordinaria forza invasiva, tale potere deve essere esercitato nei rigorosi limiti imposti da stringenti finalità costituzionali e non può applicarsi a fattispecie verificatesi prima dell’entrata in vigore di detti strumenti» [42]. Vieppiù, «uno dei settori nei quali tale affidamento è più ragionevole è infatti quello procedimentale e processuale. Procedimento e processo [continua ..]


5. Considerazioni conclusive

«La preferenza per (l’applicazione del)la legge vecchia non ha alcun segno politico particolare. Essa è semplicemente la logica conseguenza del doveroso rispetto di alcuni elementari principi di buona legislazione e di correttezza nel rapporto fra legislatore e cittadino (...) E vale forse la pena di osservare che almeno qualche problema pratico si risolverebbe se il legislatore, invece di abbandonare la legge all’appli­cazione dei principi generali del diritto intertemporale da parte dell’interprete, facesse uso adeguato degli istituti del diritto transitorio, regolando adeguatamente, in qualunque fattispecie, il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina. Quel che forse maggiormente conta, però, in termini generali di sistema, è che un rapporto non corretto della legge con il passato non pone solo problemi di legittimità, ma anche e soprattutto di legittimazione. Vale, qui (mutatis mutandis quanto ai concetti impiegati), ciò che Rolando Quadri ebbe a dire sulle leggi (a suo avviso) “retroattive”, e cioè che la re­troattività può determinare «generale sfiducia nelle istituzioni considerate ormai frivole e tali da non giustificare alcun serio affidamento» [48]. Elementari esigenze di tutela della legittimazione delle istituzioni, infatti, suggeriscono che il legislatore, anche a prescindere dai limiti di legittimità che gli sono imposti, utilizzi il proprio potere con estrema cautela, per non mettere a rischio quel système de croyances [49] che è l’essenza stessa della legittimazione democratica. Non solo. Se la sovranità popolare è soprattutto “potere dei cittadini” (di ciascuno dei cittadini), più ancora che “potere del popolo” [50], se «la suprema potestà di governo non è attribuita al popolo come unità indivisibile, ossia come ad un unico soggetto, ma a tutti i cittadini, membri del popolo, ciascuno dei quali ha un diritto personale di parteciparvi con la propria volontà e perseguendo il proprio orientamento politico» [51], il generale diritto di autodeterminazione di ciascun cittadino, esercitato – quale vero frammento di sovranità popolare – attraverso l’utilizzazione dei singoli diritti costituzionali [52], trova [continua ..]


NOTE