Il graduale cambiamento del quadro ordinamentale relativo all’esercizio delle potestà di accertamento nonché alla previsione di sempre maggiori obblighi per il contribuente e di maggiori poteri di indagine per l’amministrazione finanziaria impone un ripensamento della regola della preclusione per i dati, le notizie ed i documenti non forniti a seguito di richiesta dell’amministrazione finanziaria stessa.
Atteso che non è più possibile ipotizzare la sussistenza di sanzioni improprie, il principio di preclusione deve quindi essere ridimensionato mediante una stretta interpretazione e talora persino disapplicato.
Taxpayer’s behavior during tax investigations and evidence preclusions: towards the end of the principle of preclusion? The progressive change of the legal framework concerning the function of tax assessment activities, as well as the introduction of more duties for the taxpayer and more investigation powers for tax authorities is leading to re-consider the principle of preclusion for data, information and documents not exhibited after an express request of the tax authorities themselves.
Since it is not possible anymore to assume the existence of “improper” tax administrative sanctions, the principle of preclusion shall be reappraised through a strict interpretation and, in certain cases, even disapplied.
1. Premessa
Il bel saggio di Fabrizio Amatucci [1] induce ad alcune riflessioni sull’attualità della disposizione contenuta nell’art. 32, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973 (e replicata quasi esattamente [2] nell’art. 52 [3], comma 5, del D.P.R. n. 633/1972), considerata comunemente la preclusione tributaria più significativa.
Tale regola, tuttora formalmente ben vigente, impedisce che siano «presi in considerazione a favore del contribuente» le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio, in sede amministrativa ed in sede contenziosa.
Per vero, l’utilizzo del termine “preclusione” non compare più nella vigente disciplina processuale di rinvio (essendo stato superato il riferimento alle “eccezioni che non siano precluse” contenuto di cui alla previgente stesura dell’art. 184 c.p.c.) né tanto meno nella disciplina procedimentale tributaria. Tuttavia, le norme usualmente raggruppate nell’istituto della preclusione stabiliscono certamente ostacoli posti al fine di meglio organizzare il processo ed il procedimento.
E, d’altronde, appare ozioso discettare sull’esistenza di una regola che comporti l’inefficacia delle allegazioni e produzioni probatorie effettuate in violazione di un determinato comportamento (si vedrà poi se obbligato od onerato) ovvero sull’esistenza di un principio di preclusione che abbia come conseguenza siffatta inefficacia. Appare preferibile, invece, appurare se ed ancora operi pienamente tale principio di preclusione (o tale inefficacia); ed a quali condizioni.
Per far ciò, è necessario verificare se non si siano modificate, ed in caso positivo in quale senso, le caratteristiche strutturali delle regole poste dall’ordinamento per l’accertamento del fatto.
2. Il principio di unicità dell’accertamento, rafforzato con la riforma degli anni ’70, ed il suo graduale superamento
La regola in esame si coordinava con il (ed era funzionale al) principio di unicità o di globalità dell’accertamento a carico di un soggetto passivo, non codificato ma desumibile dal sistema, in base al quale l’atto di accertamento deve fondarsi su tutti gli elementi rilevanti acquisiti prima della sua formazione e si deve riferire all’intera base imponibile facente capo al soggetto passivo (e nelle imposte sui redditi deve riguardare tutte le imposte sui redditi ed, in specie, tutti i redditi da computarsi ai fini IRPEF).
L’obiettivo di tale principio – desumibile dalla limitazione posta dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 all’emissione di ulteriori avvisi di accertamento, una volta che sia stato emesso il primo, solo in caso di sopravvenuta [continua..]