argomento: IVA - Giurisprudenza
In materia di IVA, l'art. 10 cit. stabilisce che sono operazioni esenti le prestazioni educative dell'infanzia e didattiche di ogni tipo - ivi incluse, secondo la prassi amministrativa (ris. 24 giugno 2002 n. 205), anche le attività d'insegnamento delle pratiche sportive - se sono rese da soggetti riconosciuti oppure da ONLUS. Il riferimento normativo a istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni è evidentemente descrittivo, mirando solo ad affermare il principio generale che tutte le attività didattiche possono beneficiare dell'esenzione dall'IVA, purchè poste in essere da organismi riconosciuti da pubbliche amministrazioni. La genericità del riferimento fa sì che esso comprenda i riconoscimenti provenienti non solo dal Ministero della pubblica istruzione, ma anche da altre amministrazioni pubbliche di volta in volta competenti (cfr. C. 8977/02 e 13069/11) o da organismi da esse vigilati, come le federazioni sportive che sono organi del CONI, a sua volta sottoposto alla vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali
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di Montanari Francesco
La Suprema Corte, nella sentenza in commento, ha affermato taluni principi di notevole rilevanza pratico-applicativa e perfettamente in linea con la ratio sottesa al regime delle operazioni Iva esenti.
Il caso, in particolare, riguarda una società di capitali operante nel settore della formazione e dell’aggiornamento professionale che risultava avere ottenuto l’accreditamento da una Regione per l’esercizio per tali tipologie di attività. Detto ente di formazione, tuttavia, operava in totale autonomia finanziaria in quanto non riceveva alcun finanziamento regionale: secondo l’Agenzia delle Entrate proprio la “carenza” di tale caratteristica dell’attività avrebbe impedito la fruizione del regime di esenzione previsto dall’art. 10, comma I, n. 20, D. P. R. 633/1972. Secondo tale norma sono esenti “le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni”. Tuttavia, anche da una superficiale lettura delle disposizioni poc’anzi riportate, non vi è alcun riferimento alle modalità di finanziamento dell’attività, ma solamente al formale riconoscimento dell’ente da parte della pubblica amministrazione.
Secondo la tesi della difesa erariale, fondata su una precedente prassi amministrativa (Circ. n. 22/E del 18/03/2008), dalla mancanza di tale forma di “finanziamento pubblico” deriverebbe anche la mancanza di un controllo da parte dell’ente che ha concesso l’accreditamento, controllo ritenuto necessario per la fruizione dello specifico regime Iva.
La tesi dell’Agenzia delle Entrate, palesemente errata, non è stata accolta dalla Suprema Corte la quale ha stabilito, anche sulla base di taluni propri precedenti, che, da un lato, il riferimento alla pubblica amministrazione deve essere inteso in senso estremamente ampio (dagli enti pubblici territoriali, fino alle federazioni sportive riconosciute) e, dall’altro, che il “requisito” del finanziamento risulta del tutto estraneo rispetto alla normativa di riferimento.
A fronte di una tesi dell’Agenzia delle Entrate del tutto priva di fondamento, la sentenza annotata denota un’apprezzabile sensibilità della Suprema Corte verso la tematica delle operazioni esenti le quali, come noto, risentono, più delle altre, dei principi del diritto europeo e si pone perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia. Quest’ultima, in particolare, ha affermato che, se, da un lato, “i termini con i quali sono state designate le esenzioni devono essere interpretati restrittivamente”, dall’altro, “l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti dalle dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune dell’IVA”. Infatti, “questa regola d’interpretazione restrittiva non comporta che i termini utilizzati per specificare le esenzioni, debbano essere interpretati in un modo che priverebbe queste ultime dei loro effetti (tra le tante Corte di Giustizia UE, 17 gennaio 2013, causa C-543/11).
E’ evidente, infatti, che il meccanismo delle esenzioni non è concepito come un’agevolazione per il prestatore del servizio (il quale, al contrario, “subisce” la indetraibilità del tributo assolto sugli acquisti), ma per il destinatario del “servizio esente” (nel caso che ci occupa, l’attività di formazione). La funzione delle esenzioni Iva, infatti, è quella di tutelare e promuovere dei valori di rango costituzionale generalmente riconosciuti sul piano europeo oltre che nazionale (come la salute, l’educazione, ecc..).
Ovviamente, un’interpretazione eccessivamente restrittiva delle norme di esenzione andrebbe a collidere proprio con salvaguardia e la promozione di tali valori. D’altro canto, la Suprema Corte è ben conscia di tale circostanza laddove ha affermato, proprio con riferimento alle “attività educative” che lo “scopo delle esenzioni è da ravvisarsi nelle finalità sociali della diffusione e sviluppo della istruzione nella collettività ex art. 33 Cost.”: infatti, “lo scopo perseguito dal legislatore sta in evidenti finalità di ordine individuale e sociale: ed è quello di agevolare, anche sul piano fiscale, sia il fruitore dell’attività di istruzione (al quale non viene addebitata l’imposta sul valore aggiunto), impartita, nell’esercizio di attività d’impresa, da enti e privati, riconosciuti oggettivamente e soggettivamente idonei dallo Stato (Cass. 13069/2011).
In conclusione, a prescindere dal fatto che non vi è alcun appiglio testuale e sistematico per una interpretazione di segno opposto, limitare l’esenzione ai soli casi di soggetti che beneficiano di finanziamenti pubblici si porrebbe in contrasto proprio con lo spirito delle esenzioni previste per la formazione e l’educazione. Per di più, sarebbe del tutto irrazionale (e fortemente discriminatorio) ipotizzare diversi regimi tributari per i fruitori dell’attività di formazione: esente, se si tratta di attività finanziata dall’ente che ha concesso l’accreditamento, pienamente imponibile se totalmente “a carico” della società erogatrice del servizio.