Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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L'autotutela tributaria tra giurisprudenza di legittimità e interventi legislativi di riforma (di Angelica Chiara Tazzioli , Dottoranda di ricerca in Diritto tributario, Università degli Studi di Milano-Bicocca)


Con l’ordinanza 1° dicembre 2023, n. 33610, la Corte di Cassazione ritorna sul tema dell’autotutela in ambito tributario con un’indagine incentrata sulla esperibilità del ricorso avverso il provvedimento con il quale l’Amministrazione finanziaria abbia respinto una domanda di autoannullamento di un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione. Il presente contributo intende ricostruire i profili teorici dell’istituto che, nella contrapposizione dogmatica tra natura vincolata ovvero discrezionale del relativo esercizio da parte dell’Ente impositore, alimentano da tempo il dibattito scientifico e giurisprudenziale. In questa sede, verrà esaminato il significato della locuzione “rilevante interesse generale” richiamata ripetutamente in sede motivazionale e dai suoi riflessi pratici, assai rilevanti, atteso il suo naturale ingresso nell’esposto panorama giuridico. Il tutto in coordinamento con il novellato contesto normativo post riforma che, nel tentativo di pervenire ad un assetto più sensibile alle peculiarità del rapporto tributario, ha introdotto nel­l’ordinamento le figurae iuris dell’autotutela “obbligatoria” e “facoltativa”, nonché inserito il diniego sull’istanza di autotutela nel catalogo degli atti suscettibili di ricorso.

The power of internal review of unlawful tax acts between Supreme Court's case law and legislative reform interventions

With order no. 33610 of 1st December 2023, the Italian Supreme Court returned on the issue of the internal review of unlawful tax acts with an enquiry focused on the possibility of promoting an appeal against the decision whereby the tax authorities reject a request for annulment of a notice of assessment that had become final due to failure to appeal. The present article intends to reconstruct the theoretical profiles of such mechanism that, in the dogmatic opposition between the binding or discretionary nature of the relative exercise by the tax authorities, have greatly fuelled the scientific and jurisprudential debate. Therefore, the article will examine the meaning of the phrase “significant general interest”, repeatedly referred to in the order’s motivation and its practical repercussions, which are very significant, given its natural entry into the legal scenario outlined above. All this in coordination with the new post-reform legislative context which, with the aim of achieving a more sensitive structure to the peculiarities of the taxpayer-tax authorities relationship, has introduced into the system the figurae iuris of “compulsory” and “optional” internal review of unlawful tax acts, as well as included the refusal of the taxpayer’s application in the catalogue of the acts susceptible to appeal before the Tax Courts.

Autotutela – diniego – interesse generale – discrezionalità – riforma fiscale. MASSIMA: La determinazione assunta dall’Ente impositore che, in sede di autotutela, agendo d’impulso oppure su sollecitazione del contribuente, adotti un provvedimento di sgravio parziale della pretesa impositiva, sebbene la stessa non sia più suscettibile di impugnazione, non comporta che il contribuente sia per questo legittimato a contestare in giudizio, al fine di opporre il pregiudizio di un interesse proprio ed esclusivo, il mancato esercizio del­l’autotutela con riferimento alla parte residua della pretesa tributaria definitiva che, con valutazione discrezionale, non è stata annullata; la contestazione del diniego di autotutela, anche parziale, avverso provvedimento definitivo rimane possibile sol quando si invochino ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute. PROVVEDIMENTO: Svolgimento del processo 1. La Oasi Club Hotel di A.A. & C. Snc, poi Oasi Club Hotel Srl, a seguito di controllo automatizzato ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis della dichiarazione dei redditi presentata in relazione all’anno 2006, riceveva la notificazione della cartella esattoriale n. (Omissis), che diveniva definitiva non essendo stata impugnata dalla contribuente. In data 5 giugno 2014 la società domandava lo sgravio parziale della cartella di pagamento in autotutela, allegando di essere incorsa in alcuni errori materiali nella compilazione della dichiarazione dei redditi. L’istanza era respinta con provv. n. 62931/2014, notificato l’11.07.2014 (sent. CTR, p. 2). 2. La società impugnava il diniego di autotutela innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, che riteneva fondate le ragioni della contribuente ed accoglieva il suo ricorso. 3. L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione adottata dalla CTP, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia. La CTR riformava la pronuncia di primo grado, ritenendo il diniego di esercizio del potere di autotutela un atto non impugnabile, e l’originario ricorso proposto dalla società doveva perciò essere dichiarato inammissibile. 4. Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate, che ha pure depositato istanza di fissazione dell’udienza di trattazione, comunicando di avere opposto il proprio diniego all’istanza di definizione agevolata della controversia proposta dalla società. Quindi la ricorrente ha anche depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente contesta la violazione del [continua..]

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SOMMARIO:

1. Premessa: le questioni giuridiche coinvolte - 2. Riflessioni preliminari sulla discrezionalità e vincolatività dell'autotutela tributaria - 3. Le "ragioni di rilevante interesse generale" nel prisma dell'autotutela tributaria - 4. Conclusioni e osservazioni de iure condito - NOTE


1. Premessa: le questioni giuridiche coinvolte

La trasposizione dell’archetipo dell’autotutela amministrativa [1] nell’alveo applicativo del diritto tributario solleva da sempre spunti di riflessione di viva attualità ed immutato interesse. Anche in ragione del suo collocamento sistematico nello “snodo delicatissimo fra il potere amministrativo e il suo esercizio, da una parte, e la tutela dell’affidamento del privato, dall’altra” [2], il tema dell’autotutela in ambito fiscale [3] non sembra ancora essere approdato a risultati ricostruttivi condivisi [4]. Invero, le difficoltà nel delineare in termini chiari e circoscritti i confini dell’au­toannullamento intercalato in un contesto specificamente tributario [5] risultano naturale conseguenza di un’esegesi, consacrata anche dal Giudice delle leggi [6], che appare troppo saldata ad una concezione di derivazione amministrativistica e non curante a sufficienza delle peculiarità che connotano il procedimento di imposizione [7], tradizionalmente ancorato al principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria e alla natura vincolata della funzione impositiva [8]. Per altri versi, non si sottovaluti come la tematica che ci occupa abbracci anche altri aspetti [9] non meno degni di rilievo, che sollevano altrettante perplessità sotto il profilo della loro aderenza ai principi costituzionali [10] nei quali l’azione amministrativa-tributaria trova, ad un tempo, limite e fondamento. Partendo da questa prospettiva, risulta più agevole comprendere le complessità teorico-interpretative che hanno riguardato alcune disposizioni processuali – in primis l’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 che, all’epoca dei fatti di causa, non considerava ancora tra gli atti autonomamente impugnabili [11] il rifiuto espresso o tacito sull’i­stanza di autotutela [12] – e le norme di diritto sostanziale [13] dedicate all’esercizio del potere di autotutela da parte degli uffici finanziari, spesso oggetto di un’ermeneutica giurisdizionale [14] che comprime un bisogno di tutela legittimamente avanzato dal destinatario di un atto di imposizione potenzialmente infondato [15]. Nel descritto terreno di studio, si colloca l’ordinanza 1° dicembre 2023, n. 33610 [16] con la quale la Corte di Cassazione è ritornata [continua ..]


2. Riflessioni preliminari sulla discrezionalità e vincolatività dell'autotutela tributaria

Riassumendo brevemente i fatti di lite, il contenzioso aveva tratto origine dal ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego con il quale l’ufficio aveva respinto la richiesta di sgravio parziale in autotutela dell’addebito portato da una cartella di pagamento divenuta definitiva per decorrenza dei termini di impugnazione. La doglianza veniva accolta dal Giudice di prime cure, ravvisandosi la fondatezza delle allegazioni della contribuente a riprova degli errori materiali nei quali era involontariamente incorsa al momento della redazione della propria dichiarazione dei redditi. La sentenza veniva appellata dall’ufficio, ottenendone quindi la riforma, sul solo assunto dell’inammissibilità dell’atto introduttivo poiché il provvedimento di diniego di autotutela non poteva ricondursi ad alcuno degli atti autonomamente impugnabili ex art. 19, d.lgs. n. 546/1992. Questa soluzione interpretativa è stata accolta adesivamente anche dalla Corte di Cassazione che ha deciso per il rigetto del ricorso del contribuente. L’iter motivazionale offerto dalla Suprema Corte si snoda su una successione argomentativa che, muovendo dalla premessa della “natura pienamente discrezionale del­l’annullamento d’ufficio”, si pone in piena continuità con l’autorevole dictum della Corte costituzionale nella nota sentenza 17 luglio 2017, n. 181 [23]. Tuttavia, la formula adottata dalla Corte di Cassazione, sebbene ritrovi riscontro in un indirizzo ormai pacificamente accolto in sede di legittimità [24], non sembra comunque immune da osservazioni critiche in merito alle quali la letteratura tributaristica ha proposto differenti opzioni interpretative meritevoli, in questa sede, di una breve digressione [25]. Al centro della discussione si elevano due interrogativi: se, nella specie, l’autorità fiscale – quando posta di fronte ad una domanda di revisione in autotutela di un proprio atto – sia tenuta ad uniformarsi rigidamente ai principi che presiedono lo svolgimento di una normale funzione di rilevanza pubblica, caratterizzata da ampi margini di discrezionalità ed autonomia valutativa [26]; oppure se, nel campo del­l’amministrazione dei tributi, tale potere non debba piuttosto rappresentarsi alla stregua di un vincolo giuridico [27] pur sempre subordinato, nel suo esercizio, al rispetto dei principi [continua ..]


3. Le "ragioni di rilevante interesse generale" nel prisma dell'autotutela tributaria

La trattazione del tema che ci occupa impone ora di soffermarsi su ulteriori questioni di fondo in ordine al profilo della mancata sussistenza delle “ragioni di rilevante interesse generale” che, almeno nel pensiero del Giudice di legittimità [43], vale a motivare il rigetto del ricorso [44]. Ciononostante, il responso giudiziale non si addentra nel significato sostanziale della formula utilizzata [45], i cui confini continuano a risultare particolarmente sfuggenti anche per via della regolamentazione “essenziale” che il legislatore, sino alla riforma dello Statuto dei diritti del contribuente appena entrata in vigore, ha dedicato alla materia [46]. Rebus sic stantibus, la Cassazione si limita ad affermare che il sindacato giurisdizionale sull’atto di diniego può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto suscettibili di essere ricondotti a situazioni di “interesse pubblico”, sulla scorta della tradizionale teorizzazione presente nel diritto amministrativo [47], non rilevando, viceversa, l’interesse “proprio ed esclusivo” fatto valere dal contribuente. In linea di principio, come osservato dalla dottrina, la sussistenza di un “rilevante interesse generale” costituisce una condizione necessaria ingerente tanto nella disciplina dell’autotutela fiscale quanto in quella amministrativa [48] con la dovuta puntualizzazione che, in ambito tributario, il legislatore l’ha intesa espressamente quale canone orientativo cui dare sempre priorità [49] per procedere all’annullamento d’ufficio, ferma restando la natura vincolata che caratterizza l’attività dell’Ammini­strazione finanziaria [50]. Tratto comune ad entrambi i rami giuridici è la generale propensione verso il raggiungimento di un equilibrio tra la certezza del diritto e il rispetto di norme positive, con una parafrasi del concetto di interesse pubblico che nel diritto amministrativo assume caratteri di tendenziale inclusività e di stretto legame con l’interesse privato, mentre nel diritto tributario non sottintende una contrapposizione tra l’inte­resse dell’erario e l’interesse del contribuente, orientati entrambi verso un unico interesse generale sovraordinato e ispirato alla “giusta imposizione” [51]. Ora, non pare esservi dubbio che il [continua ..]


4. Conclusioni e osservazioni de iure condito

Prendendo le mosse dal caso giurisprudenziale in rassegna, la breve disamina fin qui condotta mirava a mettere in luce, senza pretesa di esaustività, alcuni dei profili controversi insiti nella disciplina dell’autotutela tributaria. Nel delineato contesto, la pronuncia in commento tocca un punto nevralgico dell’assetto normativo pro tempore vigente senza tuttavia apportare un contributo innovativo alla ricostruzione giuridica dell’istituto. Infatti, ripercorrendo un processo interpretativo ed argomentativo già largamente battuto in sede di legittimità [61], la Cassazione si limita a citarne stralci e passaggi salienti per ribadire, ancora una volta, il principio generale secondo cui la contestazione del diniego di autotutela, anche parziale, avverso un provvedimento definitivo rimane possibile sol quando si invochino ragioni di rilevante interesse generale, originarie o sopravvenute, alla rimozione dell’atto precedentemente emesso. Niente di nuovo, dunque. Così statuendo, la Suprema Corte rende manifesta una lettura dei precetti legislativi in una prospettiva che appare maggiormente sensibile verso le aspettative dell’ente impositore, ritenendo sempre preponderante, nella delicata comparazione degli interessi coinvolti nella fattispecie concreta, l’esigenza di garantire stabilità nel rapporto di imposta e certezza nella riscossione del gettito fiscale. Valutazioni non prive di margini di opinabilità se esaminate nella prospettiva ermeneutica proposta da quella parte della letteratura tributaristica [62] – per la quale propendiamo – che innesta l’attività della pubblica amministrazione diretta all’accer­tamento del tributo in un modello procedimentale vincolato, costituzionalmente, al rispetto dei principi di buon andamento e capacità contributiva [63] nei quali il consociato può fare affidamento per far valere, innanzi ad un provvedimento potenzialmente viziato, l’interesse giuridicamente protetto ad una imposizione tributaria conforme a legge [64]. Giunti a questo punto, è doveroso avvertire che le teorie maturate nelle autorevoli sedi dottrinali e giurisprudenziali più sopra accennate necessitano di una rilettura attualizzante alla luce dei recentissimi interventi normativi che – con l’abrogazione ad opera dell’art. 2, comma 4, lett. b), d.lgs. 30 dicembre 2023, n. [continua ..]


NOTE