Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Scambio di informazioni fra le Amministrazioni fiscali in ambito UE e margini di tutela dei contribuenti: considerazioni alla luce della giurisprudenza europea e delle recenti riforme della normativa nazionale (di Francesco V. Albertini, Professore associato di Diritto tributario, Università degli Studi di Milano)


Lo scritto considera la disciplina dello scambio di informazioni fra le Amministrazioni fiscali contenuta nelle direttive DAC, dedicandosi, in particolare, allo scambio automatico, modalità che ha assunto sempre maggiore rilevanza nel tempo. Si sofferma, inoltre, sul tema della tutela dei soggetti coinvolti nelle procedure di scambio, muovendo dalla disamina della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea concernente essenzialmente ipotesi di scambio su richiesta, dalla quale si desume il riconoscimento per i contribuenti interessati, ai quali i dati scambiati si riferiscono, di una tutela soltanto differita che, a fortiori, è allo stato l’unica prospettabile con riguardo agli scambi in modalità automatica. Sono considerate, infine, le prospettive di tutela differita dei contribuenti nell’ordinamento italiano, in passato problematiche, ma auspicabilmente destinate a rafforzarsi a seguito delle recenti riforme.

Exchange of information between EU tax authorities and taxpayer’s rights protection: remarks in the light of European case law and recent reforms of national legislation

The paper considers the regulations on the exchange of information between tax authorities contained in the DAC directives, specifically focusing on automatic exchange, a type that has become increasingly important over time. It also dwells on the subject of the protection of the persons involved in the exchange procedures, starting from an examination of the case law of the Court of Justice of the European Union concerning essentially exchange-on-demand hypotheses, from which it can be inferred that the taxpayers concerned, to whom the exchanged data refer, are recognised as having only deferred protection, which, a fortiori, is currently the only protection that can be envisaged with regard to exchanges in automatic mode. Lastly, the article focuses on the prospects of deferred protection of taxpayers in the Italian legal system, which were problematic in the past, but are hopefully destined to be strengthened following the recent legislative reforms.

SOMMARIO:

1. La mutua assistenza fra le amministrazioni fiscali dei paesi membri dell'Unione europea. Il sistema delle direttive DAC - 2. Lo scambio di informazioni. I modelli - 2.1. In particolare, lo scambio automatico di informazioni - 3. La tutela dei soggetti coinvolti nelle procedure di scambio - 4. Scambio di informazioni e protezione dei dati personali - 5. La tutela del contribuente nello scambio automatico. Margini di tutela differita nell’ordinamento italiano - 5.1. Il regime delle prove illegittimamente acquisite nell’ambito dell’accertamento e del processo tributari - 5.2. Il diritto di accesso alle informazioni prima dell’emissione di provvedimenti fondati sulle medesime - 5.3. Il diritto al contraddittorio procedimentale sulle informazioni - 5.4. Il nuovo art. 6-bis, legge n. 212/2000 - 6. Considerazioni conclusive alla luce delle recentissime modifiche alla disciplina dell’accertamento - NOTE


1. La mutua assistenza fra le amministrazioni fiscali dei paesi membri dell'Unione europea. Il sistema delle direttive DAC

Nell’ultimo quarto di secolo l’Unione Europea ha conosciuto un rilevante sviluppo della cooperazione amministrativa volta a contrastare le frodi, l’evasione e l’elu­sione fiscali [1]; tale processo compensa, almeno in parte, la tradizionale ritrosia degli Stati membri nei riguardi dell’armonizzazione e del ravvicinamento delle legislazioni in materia tributaria [2] e trova fondamento nel principio di leale cooperazione di cui all’art. 4, par. 3, TUE [3]. Cardine di tale cooperazione sono soprattutto le direttive DAC: il sistema delle direttive sulla cooperazione amministrativa note come DAC, dall’acronimo di Directives on Administrative Cooperation (in the field of taxation), costituisce il più recente approdo di un processo evolutivo iniziato con la Direttiva 77/799/CEE [4]. Si tratta di un corpo normativo costituito, ad oggi, da otto direttive, tutte incorporate nella Direttiva base [5], le quali dettano una disciplina che trova applicazione tendenzialmente per tutte le imposte [6] ad eccezione di quella sul valore aggiunto. Per l’IVA è previsto, infatti, un sistema separato per lo scambio di informazioni e l’assistenza nella riscossione, attualmente contenuto nel Regolamento UE 904/2010 del 7 ottobre 2010, c.d. RAC, acronimo di Regulation on Administrative Cooperation (and combating fraud in the field of value added tax) relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode nell’applicazione di quell’imposta [7]. Anche la Direttiva 16 marzo 2010, n. 2010/24/UE, «sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure», contempla, agli articoli 5 e 6, lo scambio di informazioni, in modalità su richiesta e spontanea, di tutte le informazioni prevedibilmente utili al fine, appunto, del recupero dei crediti [8]. Come si vedrà nel prosieguo, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che tale cooperazione, nelle modalità disciplinate dalle direttive, deve essere comunque esercitata nel rispetto della normativa primaria dell’Unione Europea, attribuendo alle parti private una tutela anche sul piano giudiziale. Lo strumento principale della reciproca assistenza fra le amministrazioni fiscali è costituito dallo scambio di informazioni, che ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Direttiva DAC deve aver luogo con mezzi [continua ..]


2. Lo scambio di informazioni. I modelli

I tre diversi modelli nei quali si declina lo scambio di informazioni fra le amministrazioni fiscali sono, come anticipato, quelli a richiesta, automatico e spontaneo [13]. Nell’ambito del primo modello [14], la richiesta è preceduta da un’istruttoria, da compiersi da parte delle autorità dello Stato richiedente, nell’ambito della quale è verificata la necessità dell’acquisizione di fatti e informazioni puntuali che non è possibile ottenere direttamente. Le autorità dello Stato interpellato, reperiscono e trasmettono le informazioni non prima di «aver verificato la corrispondenza della fattispecie concreta a quella astratta in cui lo Stato si è obbligato alla trasmissione» [15]. In particolare, l’art. 5 della Direttiva n. 2011/16/UE stabilisce che «l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni … di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa» e l’art. 6 («indagini amministrative») al paragrafo 3 dispone che «per procurarsi le informazioni richieste o condurre l’inda­gine amministrativa richiesta, l’autorità interpellata procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro» [16]. Lo scambio automatico di informazioni [17] consiste nella «comunicazione sistematica … a un altro Stato membro, senza richiesta preventiva, a intervalli regolari prestabiliti» di «informazioni predeterminate su residenti in altri Stati membri»; le informazioni scambiate sono quelle disponibili, in quanto «contenute negli archivi fiscali dello Stato membro che comunica le informazioni, consultabili in conformità delle procedure per la raccolta e il trattamento delle informazioni in tale Stato membro» [18]. Questa modalità di scambio non determina l’accesso alle informazioni in tempo reale e, comunque, comporta la necessità di «assicurare il rispetto della confidenzialità, in quanto … potrebbe determinarne la divulgazione incontrollata» [19]. Lo scambio spontaneo di informazioni [20], infine, consiste nella «comunicazione occasionale, in qualsiasi momento e senza preventiva richiesta di informazioni ad un altro Stato [continua ..]


2.1. In particolare, lo scambio automatico di informazioni

Lo scambio automatico in base alle direttive DAC – che contempla «la comunicazione periodica di dati bancari, finanziari, patrimoniali e reddituali relativi a contribuenti … che detengono disponibilità economiche all’estero» [24] – ha trovato applicazione soltanto per le informazioni relative ai periodi d’imposta dal 2014 in avanti, ma ha registrato negli anni più recenti un progressivo e importante sviluppo a seguito dell’introduzione nel testo della DAC 1 delle disposizioni delle successive DAC 2, 3, 4, 6, 7 e 8 che ne hanno esteso l’ambito applicativo [25]. Nei Considerando della Direttiva 15 febbraio 2011, n. 2011/16/UE, al punto (10) si precisa che «è assodato che lo scambio automatico obbligatorio di informazioni senza precondizioni è il mezzo più efficace per potenziare il corretto accertamento delle imposte nelle situazioni transfrontaliere e per lottare contro la frode …». Inoltre, «la messa a regime dello scambio automatico di informazioni fiscalmente sensibili … colma una lacuna di sovranità dello Stato nei confronti di contribuenti con attività internazionale e ne aumenta le prerogative» [26]. In base all’art. 20, par. 4, della Direttiva n. 2011/16/UE, lo scambio automatico di informazioni è, in parte rilevante, «effettuato utilizzando un formato elettronico tipo inteso a facilitare tale scambio» e il successivo art. 21, al par. 1, prevede che «le informazioni comunicate a norma della presente Direttiva sono trasmesse elettronicamente, per quanto possibile, utilizzando la rete CCN», vale a dire (art. 3, par. 13) «la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN), sviluppata dall’Unio­ne per assicurare tutte le trasmissioni con mezzi elettronici tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità» [27]. Grazie allo scambio automatico, le amministrazioni nazionali sono in grado di attingere ad informazioni condivise in una banca dati centrale, accessibili anche alle altre amministrazioni degli Stati membri e alla Commissione europea [28]. Come detto, attualmente tale modalità di scambio è ritenuta lo strumento più efficace per acquisire, da parte delle amministrazioni, dati e notizie relativi a fatti e circostanze verificatisi in altri Stati nella [continua ..]


3. La tutela dei soggetti coinvolti nelle procedure di scambio

La disciplina europea attiene principalmente alla cooperazione e allo scambio di informazioni per quanto attiene ai rapporti fra le amministrazioni fiscali degli Stati membri. Trascura, invece, il profilo dei rapporti fra le stesse e i soggetti coinvolti – detentori delle informazioni, contribuenti e terzi – ai quali non sono attribuiti specifici diritti, lasciandoli alla regolamentazione dei diritti nazionali dello Stato dal quale le informazioni provengono e di quello destinatario [31]. Si rammenta, in particolare, che nell’ambito dello scambio di informazioni, in base all’art. 6 della Direttiva n. 2011/16/UE, «l’autorità interpellata provvede all’effet­tuazione delle indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni» e che «per procurarsi le informazioni richieste o condurre l’indagine amministrativa richiesta, l’autorità interpellata procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro». Con riguardo al compimento di tali indagini, sono disponibili – sia per i detentori le informazioni, sia eventualmente per i contribuenti interessati, se diversi, coinvolti nelle indagini medesime – le tutele amministrative e giurisdizionali previste nell’ordinamento dell’autorità interpellata [32]. Le discipline nazionali devono, nondimeno, essere considerate alla luce delle norme europee e della giurisprudenza delle Corti europee, in particolare della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’uomo [33]. La Corte di Giustizia europea ha avuto, in particolare, occasione di occuparsi dei rimedi, in particolare processuali esperibili negli ordinamenti nazionali con riguardo alle procedure di scambio su richiesta, garantendo progressivamente margini più ampi di tutela a favore dei soggetti detentori le informazioni. La Corte, in applicazione dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, oltre che delle disposizioni della Direttiva 2011/16, ha dapprima riconosciuto al detentore (soggetto diverso dal contribuente cui le informazioni si riferivano) inadempiente alle richieste rivoltegli dall’amministrazione interpellata la possibilità – impugnando il provvedimento sanzionatorio emesso dalla stessa amministrazione – di adire il giudice. Ciò al fine non soltanto di [continua ..]


4. Scambio di informazioni e protezione dei dati personali

Per vero, risulta in linea di principio applicabile alla materia dello scambio di informazioni la disciplina sulla protezione dei dati personali che prevede, tra l’altro, obblighi di comunicazione agli interessati [45]. Infatti, nei Considerando della Direttiva 15 febbraio 2011, n. 2011/16/UE, al n. 27 è previsto che «tutti gli scambi di informazioni … sono soggetti alla disciplina europea concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati» e quindi, attualmente, alla normativa di cui al Regolamento (UE) 2016/679 del 27 aprile 2016, c.d. GDPR [46]. Inoltre, l’art. 25, par. 1, primo periodo, della Direttiva n. 2011/16, sancisce che «tutti gli scambi di informazioni ai sensi della presente Direttiva sono soggetti al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio» [47]. Una rilevante limitazione alla regola generale, tuttavia, è prefigurata nello stesso Considerando n. 27 della Direttiva DAC, poc’anzi richiamato – nel quale è prevista la limitazione di taluni diritti ed obblighi a tutela dei privati, qualora «necessaria e proporzionata tenendo conto delle perdite di gettito potenziali per gli Stati membri e dell’importanza cruciale delle informazioni disciplinate dalla presente Direttiva per lottare efficacemente contro la frode» – e confermata nel paragrafo 1, secondo periodo, dell’art. 25. In base a tale disposizione, «ai fini della corretta applicazione della presente Direttiva, gli Stati membri limitano la portata degli obblighi e dei diritti previsti dall’articolo 13, dall’articolo 14, paragrafo 1, e dall’articolo 15 del regolamento (UE) 2016/679 nella misura in cui ciò sia necessario al fine di salvaguardare gli interessi di cui all’articolo 23, paragrafo 1, lettera e), del medesimo». Anche a prescindere dalla circostanza che la disciplina europea sulla protezione dei dati personali si applica alle sole persone fisiche, lasciando sguarniti i contribuenti che rivestono la qualità di società ed enti [48], la considerazione degli interessi contemplati nell’art. 23, paragrafo 1, lett. e), del GDPR, è suscettibile di limitare significativamente le tutele apprestate dal Regolamento [49]. In particolare, gli obblighi e i diritti dei quali gli Stati [continua ..]


5. La tutela del contribuente nello scambio automatico. Margini di tutela differita nell’ordinamento italiano

In generale, se nell’ambito dello scambio su richiesta sarebbe in astratto ipotizzabile quella tutela preventiva e, quindi, tempestiva che attualmente la Corte di Giustizia non riconosce a favore dei contribuenti, i quali potrebbero venire a conoscenza anche informalmente della richiesta medesima, nella modalità automatica i contribuenti stessi non sono in grado di sapere ufficialmente dello scambio e, quindi, di sentire il bisogno di difendersi [59]. Anche per tale motivo le uniche possibilità di tutela sono quelle apprestate dall’ordinamento nazionale del contribuente medesimo successive all’acquisizione e all’utilizzo dei dati [60]. Il differimento della tutela del contribuente determina, come anticipato, la peculiarità che pur svolgendosi l’attività di acquisizione delle informazioni all’estero, in base alla normativa vigente in quello Stato membro, gli strumenti disponibili sono quelli previsti dall’ordinamento nazionale del contribuente medesimo, che possono presentare significative differenze, determinando eventuali carenze di tutela per le situazioni giuridiche dei singoli nella fase procedimentale e processuale [61]. Come già ricordato, peraltro, secondo la stessa Corte di Giustizia europea il rinvio della tutela del contribuente alla fase in cui le informazioni scambiate si traducono in una determinazione fiscale nei suoi confronti, «presuppone che il giudice investito della controversia sia competente ad esaminare tutte le questioni di diritto e di fatto rilevanti per dirimere la controversia stessa … e, in particolare, a verificare che le prove sulle quali si fonda tale atto non siano state ottenute o utilizzate in violazione dei diritti e delle libertà garantiti all’interessato dal diritto dell’Unione» [62]. Non può che convenirsi, dunque, a proposito della necessità di intraprendere «un percorso di armonizzazione che definisca uno standard uniforme per quanto riguarda le garanzie procedimentali del contribuente» allo scopo di evitare una disparità di tutele nell’ambito degli ordinamenti nazionali [63] e, comunque, le regole procedimentali tributarie devono ispirarsi e progressivamente adeguarsi al principio europeo della buona amministrazione (good governance), di cui all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea [64].


5.1. Il regime delle prove illegittimamente acquisite nell’ambito dell’accertamento e del processo tributari

Occorre, a questo punto, verificare se, allo stato attuale, nell’ordinamento italiano, i contribuenti godano di una tutela effettiva, quantunque differita. A tal fine si consideri, anzitutto, che secondo la giurisprudenza nazionale, eventuali illegittimità o irritualità che abbiano inficiato l’acquisizione o la trasmissione di documenti e informazioni non ne pregiudicano l’utilizzo nell’accertamento e nel processo tributari. La Corte di Cassazione è ferma nel ritenere che, a differenza del diritto penale [65], in materia tributaria «non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso ed esclusi, ovviamente, i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale (quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.)» [66]. Inoltre, dalla presenza nell’ordina­men­to attuale di disposizioni che prevedono espressamente l’utilizzabilità di elementi «comunque» acquisiti [67], e quindi anche nell’esercizio di attività istruttorie svolte con modalità diverse da quelle espressamente disciplinate dalle norme tributarie interne [68], la Cassazione deduce «un principio generale di non tipicità della prova» in virtù del quale è utilizzabile «qualsiasi elemento che il giudice correttamente qualifichi come possibile punto di appoggio per dimostrare l’esistenza un fatto rilevante e non direttamente conosciuto». Unico limite è costituito, come detto, dalla circostanza che tali elementi siano stati direttamente acquisiti dall’amministrazione in violazione di un diritto fondamentale del contribuente [69]. Certo, la Corte di Cassazione attribuisce nel processo tributario alle prove “atipiche”, acquisite al di fuori dei canoni di ritualità, valore di semplice indizio, che il giudice di merito è tenuto a considerare «pro o contro il fisco, nel quadro delle complessive acquisizioni processuali, con piena facoltà d’intervento delle difese». Tuttavia, sempre secondo la Cassazione, «anche un solo indizio può risultare già di per sé idoneo a [continua ..]


5.2. Il diritto di accesso alle informazioni prima dell’emissione di provvedimenti fondati sulle medesime

Anche se per il contribuente non v’è la possibilità di ottenere la cancellazione o di far sì che non vengano utilizzati i dati illegittimamente acquisiti, riveste comunque grande importanza la conoscibilità dei dati e la possibilità di potersi confrontare sui medesimi e sulla loro rilevanza con l’Amministrazione prima che questa emetta dei provvedimenti che su tali dati si fondano. Che sui dati acquisiti si svolga un contraddittorio fra amministrazione e contribuente, prima dell’adozione del provvedimento e non solo successivamente, in sede processuale assume speciale rilievo anche alla luce degli arresti della Corte di Cassazione richiamati nel paragrafo che precede. Sotto il profilo dell’accesso ai dati scambiati – «parte integrante del diritto a un processo equo» [73] – si registrano recenti e importanti prese di posizione della Corte di Giustizia europea la quale è pervenuta dapprima a riconoscere che l’effettivo rispetto dei diritti della difesa presuppone «una possibilità reale di accesso» ai documenti e alle informazioni contenuti nel fascicolo amministrativo, e presi in considerazione dall’amministrazione intende fondare la propria decisione [74]. In una successiva pronuncia, la Corte di Giustizia [75] – oltre a disconoscere il vincolo derivante da atti dell’Amministrazione divenuti definitivi nei confronti dei terzi (paragrafi 46, 47 e 50) nei riguardi di soggetti collegati ai primi – è pervenuta ad affermare il diritto di accesso – benché con limitazioni – dei secondi all’intero fascicolo, non solo alle prove e ai i documenti rilevanti per l’amministrazione, del procedimento relativo ai primi (paragrafi 53 e 54 [76]). Ha ribadito, quindi, la non fungibilità fra contraddittorio procedimentale e processuale (par. 52 [77]) e infine ha definito i poteri/doveri del giudice (paragrafi da 63 a 66 [78]) e le conseguenze delle violazioni dei diritti dei contribuenti (par. 68). Particolarmente significativo, nel contesto in esame, è il riconoscimento ai contribuenti, nell’ambito del procedimento volto all’emissione dell’eventuale atto impositivo, del diritto ad accedere tendenzialmente a tutte le prove e ai documenti disponibili e non soltanto a quelli selezionati dall’amministrazione in quanto funzionali a [continua ..]


5.3. Il diritto al contraddittorio procedimentale sulle informazioni

Si è già ricordato che la Corte di Giustizia – a proposito di una vicenda di scambio di informazioni su richiesta – ha escluso una tutela immediata del contribuente nell’ambito della procedura di scambio affermando che può esercitare il suo diritto ad essere ascoltato nella successiva fase in cui l’amministrazione richiedente utilizza le informazioni e dispone del diritto ad un ricorso effettivo nei riguardi dell’atto emesso sulla base delle informazioni scambiate [88]. Tali diritti del contribuente, in particolare, quello ad essere ascoltato in vista dell’emissione di atti nei suoi confronti da parte dell’amministrazione richiedente [89], devono parimenti essere riconosciuti nell’ambito dello scambio automatico. La possibilità che sui dati acquisiti si svolga un contraddittorio fra amministrazione e contribuente, prima dell’adozione del provvedimento e non solo successivamente, nel corso del giudizio, si rivela essenziale, inoltre, alla luce della già richiamata giurisprudenza [90] in tema di prove “atipiche” acquisite al di fuori dei canoni di ritualità alle quali è attribuito valore indiziario [91]. Fino alle già menzionate e integrazioni allo Statuto dei diritti del contribuente dell’ultimo scorcio del 2023 [92], l’orientamento della Corte di Cassazione – affermatosi a partire dalla metà del decennio scorso [93] – non riconosceva l’esistenza di un principio generale del contraddittorio procedimentale nel diritto interno, ravvisando un obbligo generale del contraddittorio, la cui violazione determinasse la nullità dell’atto, soltanto con riguardo ai tributi armonizzati e a condizione che il contribuente deducesse in concreto quali ragioni avrebbe fatto valere, allo scopo di verificare che l’opposizione non abbia natura meramente pretestuosa [94]. Nell’ordi­na­mento tributario nazionale, invece, l’obbligo del contraddittorio nel procedimento di formazione degli atti attuativi degli obblighi fiscali era ristretto alle ipotesi connotate da una disciplina espressa [95]. Diversamente, la Corte di Giustizia ravvisa da tempo nel rispetto dei «diritti della difesa» e nel conseguente diritto di ogni persona, «di essere sentita prima dell’ado­zione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo [continua ..]


5.4. Il nuovo art. 6-bis, legge n. 212/2000

Alla situazione che si è sinteticamente richiamata – con riguardo alla quale avevano già preso con chiarezza posizione la dottrina [104] e la Corte costituzionale in una recente sentenza [105] – ha posto, in buona misura, rimedio il legislatore della riforma tributaria in itinere. La Delega al Governo per la riforma fiscale, contenuta nella legge 9 agosto 2023, n. 111, contiene, fra i principi e criteri direttivi, previsioni interessanti per la materia in esame. In particolare, l’art. 3, recante «Principi generali relativi al diritto tributario dell’Unione Europea e internazionale», stabilisce che il Governo, nell’attuazione della delega osservi, tra i princìpi e criteri direttivi generali, anche (comma 1, lett. a) quello di «garantire l’adeguamento del diritto tributario nazionale ai princìpi dell’ordina­mento tributario e ai livelli di protezione dei diritti stabiliti dall’ordinamento dell’Unione europea, tenendo anche conto dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea in materia tributaria». Ma soprattutto, l’art. 4, dedicato alla «revisione dello statuto dei diritti del contribuente», assegna al Governo il compito (comma 1, lett. e) di «prevedere una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario» e di (lett. f) «prevedere una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità» [106]. A tali previsioni ha dato attuazione il nuovo art. 6-bis, legge n. 212/2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. e), d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, secondo il quale (commi 1 e 2) «tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria», ad eccezione degli «atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze», «sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo». Tra le categorie di atti escluse, espressamente individuate, da ultimo, con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 aprile 2024, non sono compresi gli avvisi di accertamento, la cui emissione sarà quindi preceduta dal «contraddittorio [continua ..]


6. Considerazioni conclusive alla luce delle recentissime modifiche alla disciplina dell’accertamento

La breve rassegna che precede pare prefigurare il superamento della situazione pregressa, condizionata dagli orientamenti eccessivamente cauti della giurisprudenza nazionale che si sono considerati, e rafforza l’auspicio che l’ordinamento italiano, a seguito degli interventi della riforma in itinere, sia in grado di offrire ai contribuenti una tutela effettiva, quantunque differita, che consenta di porre, nella normalità dei casi, efficacemente rimedio a situazioni di illegittima acquisizione di informazioni e a ipotesi di inesattezze ed erroneità dei dati acquisiti e messi in circolazione. Residue ombre derivano, tuttavia, dalle segnalate esclusioni del diritto all’accesso e al contraddittorio ex art. 6-bis, comma 2, legge n. 212/2000, riguardanti sia i «casi motivati di fondato pericolo per la riscossione», sia gli «atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione», da ultimo individuati con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 aprile 2024, tra i quali sono compresi gli accertamenti parziali (se) «predisposti esclusivamente sulla base dell’incrocio di dati» (art. 2, comma 1, lett. b, del decreto) [115]. È pur vero che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’accerta­mento parziale è «connotato dalla contestazione di un maggior debito di imposta, senza che emerga alcuna attività di tipo valutativo da parte dell’Amministrazione finanziaria» e «la ratio dell’accertamento parziale … si rinviene nella esigenza di consentire l’imposizione di una capacità contributiva che emerga ictu oculi» [116]; tuttavia, in molti casi, gli accertamenti parziali non sono emessi sulla scorta di un mero «incrocio di dati» e, in tali ipotesi, è da ritenere che il contraddittorio non possa essere escluso. Ma anche qualora dati, informazioni e documenti disponibili a seguito di scambi fra le amministrazioni nazionali, utilizzati ai fini dell’emissione proprio di accertamenti parziali, facciano emergere «elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato» senza necessità di una valutazione ulteriore [117], la mancata previsione dei diritti di accesso e al contraddittorio procedimentale in tali casi, ha [continua ..]


NOTE